Intrighi a corte

Christelle Dabos, Gli scomparsi di Chiardiluna, tr. Alberto Bracci Testasecca, E/O Edizioni, pp. 563, euro 16,00 stampa, euro 12,99 ebook

Avvertenze per il lettore. Il libro in oggetto può mordere le dita, le pagine possono girare troppo velocemente e altri spiacevoli inconvenienti che è possibile evitare indossando gli appositi guanti da lettura.

Il libro secondo di questa magnifica saga dalle atmosfere fantasy e steampunk ci accompagna al cospetto di Faruk, lo spirito di famiglia che immortale regna sull’Arca Polo. In questo mondo, creatosi dopo la frammentazione, le Arche sono città galleggianti che ospitano vari livelli di civiltà. I senza-poteri ossia la popolazione che non possiede appunto nessuna tipologia di potere, i decaduti ossia i rinnegati ma anche ottimi cacciatori con qualche barlume di potere magico, e i nobili che si suddividono in famiglie, ciascuna con un dono di riferimento.

Su Polo abbiamo due famiglie di fondamentale rilevanza che si contendono il potere assoluto: i Draghi, che cacciano le Bestie procurando selvaggina a foraggiare le dispense dell’intera Arca, sono dotati di pericolosissimi artigli mentali che si riproducono nei loro effetti concreti sul fisico del malcapitato, e i Miraggi, distinti dal resto della nobiltà da tatuaggi. Il loro potere distintivo meraviglioso: riescono a creare irripetibili illusioni che sovente allietano lo stesso sire Faruk attraverso spettacolari serate di festa, così come riescono a creare dei veri effetti speciali sui vestiti indossati, come quelli del barone Melchior, ministro dell’Eleganza di corte che non perde occasione di sfoggiare completi variopinti e ricchi di brillanti e farfalle vive.

La famiglia della Rete invece passa leggermente inosservata, ma vanta tra i suoi componenti l’affascinante ambasciatore Archibald. Il nome è dovuto alla capacità di tutti i membri di restare collegati mentalmente attraverso la Rete, come fossero sintonizzati via cavo, potendo scegliere di assistere, come spettatori in diretta, a ciò che succede a un componente piuttosto che a un altro, senza censure o limitazioni.

L’ambiente di Polo è, come facilmente intuibile dal nome, inadatto alla vita per via del clima rigido. Ed ecco che grazie ai Miraggi possiamo apprezzare un sole costante, giardini fioriti tutto l’anno e un clima mite e gradevole. Il tempo è relativo e le feste sono all’ordine del giorno; banchetti costantemente allestiti e spettacoli teatrali in ogni piano del palazzo di corte. Il matrimonio diplomatico tra Ofelia, proveniente dall’Arca Anima, e Thorn, intendente di Polo e appartenente ai Draghi, è imminente, così come gli sviluppi dei vari clan, che architettano una miriade di trabocchetti e intrighi per afferrare a piene mani il favore del sire e di conseguenza il potere.

Essendo il secondo libro di una trilogia che ha tutte le carte in regola per annoverarsi tra i classici del genere, sullo stesso piano di Philip Pullman e C.S. Lewis, il riassunto è d’obbligo. Nel primo capitolo conosciamo Ofelia e impariamo ad amare la sua goffaggine e le sue capacità di lettrice, animista e attraversaspecchi. Le sue mani sono dotate di un dono che le permettono di scoprire il passato degli oggetti che tocca. Anima è un’Arca particolare su cui i discendenti dello spirito di famiglia Artemide hanno la possibilità di trasmettere all’ambiente circostante le loro emozioni, per cui non è difficile ritrovarsi con la porta sbattuta in faccia semplicemente perché non ci si è puliti i piedi sullo zerbino. Quello di attraversare gli specchi è un dono bizzarro che consente di tagliare i tempi di viaggio passando da uno specchio all’altro.

Thorn è malvisto dai cittadini perché nato da una relazione illegittima e per il suo senso estremo della giustizia, ma troverà in Ofelia una valida alleata nel ristabilire il suo nome e a portare a galla la corruzione che regna a corte. Soprattutto quando iniziano a circolare lettere di minacce e a scomparire personalità di rilievo. E poi c’è la costante ossessione di Faruk.

In principio erano uno, ma a Dio non piaceva la loro forma, per cui vengono separati. Il mondo si è lacerato e ognuno di loro ha abitato un Arca. Così nascono gli spiriti di famiglia, ognuno in possesso di un Libro che racconta la propria storia in una lingua comprensibile soltanto a Dio. Qui risiede il ruolo fondamentale di lettrice di Ofelia ed ecco perché è di vitale importanza la sua presenza a corte per il sire Faruk. Fino all’ultima sconvolgente pagina che si spera non ci arresti nel limbo dell’attesa della conclusione della storia troppo a lungo.

In un susseguirsi di emozionanti colpi di scena e situazioni tragicomiche la Dabos ha costruito un mondo perfetto, così ricco di elementi e dettagli che queste quasi seicento pagine volano via veloci. La sua è una penna precisa e chirurgica, impreziosita da una ricerca maniacale di termini forbiti e desueti che richiamano perfettamente la coerenza narrativa, e totalmente assenti del turpiloquio a cui purtroppo siamo spesso costretti. Il “voi” che si rivolgono tutti i personaggi, persino tra padri e figli, è delizioso ed è solo la ciliegina sulla torta di una saga che non presenta pecche o defezioni di alcun tipo. In ultimo, un dovuto plauso alla traduzione firmata Alberto Bracci Testasecca.

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