Di tutta l’indagine mi ha colpito moltissimo la protagonista principale: Olivia. Tanto che quando sono per strada e noto un cane bianco mi fermo un attimo ad osservarlo e a ripensare a La disciplina di Penelope emozionata. Può capitare sul serio che un animale domestico possa svolgere un ruolo tanto significativo nell’ambito di un’indagine? Inoltre, (da grande appassionata di gioielli e anelli) non mi è passato inosservato l’anello a serpentina d’oro giallo con gli occhi di rubino, simbolo di passione e prosperità nella coppia, molto in voga nel secolo scorso (ne avevo uno anche io regalatomi al Battesimo, se non erro) come mai lo ha riesumato nel 2021 quando vanno per la maggiore gioielli molto diversi? Il cane e il serpente hanno, forse, una simbologia particolare ai fini della storia?
Certo, Olivia è un personaggio a tutti gli effetti e può capitare sul serio che un animale domestico svolga un ruolo significativo ai fini di un’indagine, o che venga risolta una questione piuttosto intricata attraverso la presenza di un animale domestico, o di sue tracce, come per esempio avviene nella storia con i peli di cane bianco… In realtà, non credo che sia passato di moda quel tipo di anello, ma che sia sempre un must della femminilità ed un simbolo di passione, io l’ho visto a tre donne diverse recentemente. Quanto al cane e al serpente non c’è nessuna simbologia particolare al di là di quanto non siano già significativi ai fini della storia.
C’è più Gianrico Carofiglio in Penelope Spada o nell’avvocato Guerrieri? In realtà, paradossalmente, è quasi più mascolina Penelope Spada che l’avvocato Guerrieri, sempre molto insicuro ed imbranato. Mi verrebbe da pensare che difficilmente una donna rifiuterebbe di guardare nuovi vestiti o di provarli perché ne ha già molti! C’è anche da dire, però, che di Penelope non sappiamo ancora quasi nulla sul suo passato
È molto curioso il fatto che risulti addirittura più mascolina Penelope Spada che l’avvocato Guerrieri. Sicuramente, lui impersona un po’ lo sfigato, questa sua caratteristica, però, non ne ha mai voluto inficiare la capacità professionale, infatti, come avvocato è molto valido. Penelope è una donna che sfugge agli stereotipi…quindi, in determinate situazioni, come quelle che vive lei, è anche possibile che rifiuti di fare tutto ciò che ci aspetteremmo da un personaggio femminile. È perfettamente coerente al suo carattere e alla sua storia. In generale, è mia la passione per tipi atipici nella caratterizzazione, come entrambi sono.
Quanto è frequente nella realtà che un’indagine venga risolta da persone non in servizio, con mezzi e strumenti non del tutto per così dire “regolari” o legali, piuttosto che da chi viene dichiarato a livello ufficiale?
Nella realtà è poco frequente ed è piuttosto raro, però, è un elemento accattivante che ben si presta al genere noir nella scrittura.
C’è un momento in cui anche Penelope Spada ha paura, verso la fine, quando ha risolto il caso e si ritrova da sola faccia a faccia con un personaggio potenzialmente pericoloso. Le è mai capitato di vivere la stessa situazione? Che si fa in quei casi nella realtà?
In realtà, il mio mestiere non era propriamente quello di svolgere gli arresti, quindi, non avevo esattamente a che fare con personaggi potenzialmente pericolosi, tuttavia, in qualche situazione è, forse, potuto capitare qualcosa di analogo. In quei casi penso che la cosa migliore da fare in generale, sia, innanzitutto, mantenere la calma ed adeguarsi al tipo di situazione senza lasciarsi impressionare o allarmare e allora non c’è alcun bisogno di esercitare un “potere”.
Infine, volevo chiederle una mia curiosità. Come le ho già detto ho amato visceralmente Ragionevoli dubbi e mi è capitato di rileggerlo più volte in diverse fasi della mia vita. Forse è il mio coinvolgimento eccessivo con quel plot che mi porta a vedere dei punti di contatto o forse ci sono davvero con La disciplina di Penelope. Ad esempio, ho colto una velata critica al sistema e riferimenti più o meno precisi alla corruzione di molti (lì nell’avvocato Macrì, qui nei giudici che non si astengono dal giudizio morale, rovinando un’esistenza (come ho scritto nella recensione La macchia incerta sull’esistenza certa) e soprattutto a un certo punto, a pag. 163 del suo ultimo romanzo ci sono proprio le parole “ragionevole dubbio” che mi hanno emozionato. È un caso o c’è un collegamento per il fatto che la verità è relativa, ma è anche rivelata?
Intanto, “ragionevole dubbio” è proprio una formula tecnica che si usa spesso, oltre che un principio di civiltà. Quanto al resto, io non parlerei di “corruzione” che è una cosa ben diversa, ma piuttosto, sia nel caso dell’avvocato Macrì, che in quello dei giudici, si tratta, invece, di sciatteria e scarsa serietà professionale. Sono usi impropri e, talvolta, abusi giudiziari, la definirei una disattenzione deontologica e un malcostume culturale, ma sicuramente, meno grave della corruzione.
Si ringrazia Gianrico Carofiglio dell’attenzione in attesa di leggere il seguito di La disciplina di Penelope a cui sta già lavorando.