Nadia Fusini, Una fratellanza inquieta, Donzelli Editore, pp. 144, € 18,00 stampa € 11,99 eBook
recensisce ELIO GRASSO
Inquieti adulti (ma provenienti da adolescenze impigliate in diversi secoli) ripresi oggi dal pensiero di Nadia Fusini, dopo anni di ricerche interiori e poetiche e attività sofisticate di traduzione. Rimessi in un dialogo dopo contrapposizioni e intelaiature mentali mai del tutto abbandonate, attraverso la riscrittura di un saggio pubblicato più di vent’anni fa, per dare una seconda chance al pensiero desideroso d’esser scritto per capire chi si è.
La vita profonda di questo industrioso pensiero non può che essere contrapposta alla controversa attualità osservata lungo le strade del contemporaneo mondo. Gli orientamenti e gli orienti, dopo essere stati vari e molteplici, sembrano seguire inasprimenti isterici e retrivi in un presente capace di sciogliere in mille rivoli un passato trasformativo. La mutazione dei nomi (maschio, femmina) è qualcosa che varca l’antropologia, ha reso inconoscibile la critica nelle ultime generazioni, mentre le vecchie si guardano intorno senza capire troppo ciò che hanno inventato le generazioni precedenti. La tecnologia non è innocente dentro l’inquietudine dei sessi, è nella mani di tutti ogni giorno.
Fusini tiene stretto lo strumento che serve ad addentrarsi nella storia, chiede alle donne chi siano, e quali Cleopatre oggi azionino la cloche sexy, e quali Antonio o Otello si aggirino loro intorno. La cultura non è così certa delle proprie categorie, i secoli sono sfumati in qualcosa di nebbioso che non si può nemmeno più chiamare tempo storico. L’autrice sa come l’identità virile sia dispersa in molti rivoli e dunque la libertà non riconosca lo scudo dove proiettarsi per combattere. Gli accordi e le concordie – riconosciamo che ci sono stati – sono decaduti, e assopite le dichiarazioni antiche della donna sede del femminile. Il codice neutro dell’erotico sussiste ancora, ma è difficile trovare oggi la consapevolezza della natura equivoca dell’amore.
D’altronde si tratta pur sempre delle sabbie mobili dove amore e odio si scambiano le parti. L’uomo potrebbe non essere più considerato un’altra razza, ma appartenente alla stessa stirpe della donna, entrambi creature divise, anche se negli ultimi anni travasi e scambi si sono succeduti attraverso gesti ricatti e confusioni. Le domande di Fusini sono tuttora molte, riconoscendo nuovi intralci e volontà cieche contrarie all’essere donna in quanto donna e non simulacro d’uomo. Sovranità infine è parola chiave di una situazione sempre più complessa (probabilmente fuori controllo), come complesso è il libro che Nadia Fusini aggiorna portando con sé un transito intellettuale talmente novecentesco da apparire, in questo secondo decennio degli anni Duemila, come un viaggio distopico e addirittura eversivo. Poiché il futuro attuale non è il futuro (sia chiaro: in ogni campo) che si ipotizzava qualche decennio fa.
Un libro come il suo dunque è un bene da difendere perché possa un giorno, non oggi, strappare il velo di questi tempi stretti nella penombra.