Collettivo Antongiulio Penequo. Eroi in viaggio

Collettivo Antongiulio Penequo (a cura di), Il viaggio rivoluzionario dell’eroe. Narrare, conoscere, ribellarsi, Mimesis Edizioni,  pp. 192, euro 18,00 stampa

“Sventurata la terra deserta di eroi!”. Sul ritmo di un’antifrasi alla nota esclamazione brechtiana (dal Galileo) prende avvio la raccolta di saggi che il gruppo di studio “Antongiulio Penequo” presenta ai suoi lettori. Le riflessioni degli autori muovono dall’urgenza di ripensare narrativamente la figura dell’eroe in chiave rivoluzionaria: sottraendola alle secche di una tradizione perlopiù schematica e conservatrice. I due poli teorico-concettuali all’interno dei quali si collocano i contributi possono essere individuati da un lato nella constatazione amara di Ernst Bloch dinanzi all’inadeguatezza della fredda teoria economica del marxismo volgare a occupare il terreno dell’immaginazione e dell’utopia (E. Bloch, Eredità di questo tempo), dall’altro nella consapevolezza di una sorta di dittatura del modello narratologico elaborato da Cristopher Vogler ne Il viaggio dell’eroe, a sua volta debitore del famoso studio di mitologia comparata di Joseph Campbell, L’eroe dai mille volti. Un modello non solo insufficiente sul piano strettamente narratologico ma soprattutto incapace di leggere e riplasmare l’inesauribile dinamismo dialettico tra immaginario e politico.

Nata sulla spinta dei fermenti che avevano occupato le piazze del globo ante pandemia, strutturatasi nell’anno del morbo – denso di micro-rivoluzioni – la raccolta attacca alla giugulare il modello di Vogler e la ripetitività dei suoi pattern narrativi circolari e rassicuranti, destinati a concludersi con la ricostituzione dell’ordine violato a opera di un eroe sostanzialmente sterile: ovvero incapace di trasformare (sul piano materiale e collettivo) gli universi che percorre.

La pars destruens tesa a smontare e a smantellare le applicazioni narrative e politiche del mono-mito di Campbell e la linearità degli intrecci di Vogler costituisce dunque il filo conduttore dei contributi raccolti; evidenziati i limiti del modello, il quale, piegato alle esigenze del mercato cinematografico, determina in modo unilaterale e dittatoriale le produzioni di fiction, imponendo un immaginario che non contempla deviazioni, resta il compito difficile di cimentarsi con una pars construens. Ed è qui che la raccolta offre uno spettro ampio di sviluppi possibili. Nel reciproco plasmarsi tra narrazioni e realtà storicamente determinate si esplica il tentativo di far emergere il profilo di un eroe che nella propria affermazione come soggettività cosciente diventi motore della formazione di una coscienza politica collettiva. 

Nel saggio di Luca Cangianti, le rotture epistemologiche teorizzate da Thomas Khun in ambito scientifico modellano un’idea di eroe (dalla letteratura al cinema) che sottraendosi al ‘paradigma’ insito nel suo destino narratologico, riesce a far conflagrare il mondo ordinario, all’interno del quale non tornerà più. 

Nel contributo di Maurizio Marrone, le costruzioni narrative apocalittiche si offrono come ambito privilegiato per analizzare la gestazione di eroi/anti-eroi i quali, camminando sull’abisso in un percorso di difficile equilibrismo, mostrano una natura ancipite. Emblematica in questo è Melanie, l’eroina del romanzo di M. R. Carey, La ragazza che sapeva troppo. Solo Melanie può riscattare la massa indistinta degli zombies, disumanizzati, reificati e ridotti a proliferazione oncologica; una visione degli hungries, sottolinea Marrone, che trova una traduzione reale nelle immagini che le nostre società liberiste hanno elaborato dell’universo dei migranti.

Nei saggi di Fabio Ciabatti e di Gabriele Guerra occupa uno spazio centrale la riflessione sulla tipologia dell’eroe possibile (dopo il superamento dell’eroe fallimentare borghese e dell’eroe monolitico della cultura popolare); un eroe a forte vocazione epica, ovvero capace di rifondare la coscienza di una identità comunitaria.

La pulsione a trasformare la collettività è sfida ultima per la figura dell’eroe che, trincerato nel suo solipsistico Cuore di tenebra conradiano, potrebbe non svegliarsi oppure ridestarsi in un mondo immutato, come sottolinea Mazzino Montinari. A chiudere la carrellata di possibili eroi dell’immaginario antagonista, la postfazione di Gioacchino Toni sulla peculiarità dell’eroe sportivo nell’epoca dei movimenti.

In conclusione, il viaggio rivoluzionario può dispiegarsi attraverso i profili sfumati di eroi “rivendicati” che fondano la propria forza nell’essere sghembi, liminali. È proprio questo carattere liminale dell’eroe che attraversa sottotraccia l’insieme dei saggi e li unifica in una visione corale: le possibilità di rottura degli schematismi narrativi e ideologici sembra, infatti, risiedere  nella fisionomia ambivalente e precaria di un eroe la cui comunità di riferimento è costituita da individualità spiantate e sospese, prigioniere di una finzione di solida normalità, pronta a frantumarsi sotto la spinta d’urto di un immaginario di frontiera e di continua erranza. Su questo terreno l’eroe, non più di due mondi, ma tra i mondi, incontra la spinta epica, rimodellando e rifondando una comunità storica da cui allontanarsi di nuovo per scatenare altre energie e altri mutamenti.