Gaja Cenciarelli, La nuda verità, Marsilio, pp. 247, euro 16,50 stampa, euro 9,99 ebook
Non è il primo romanzo di Gaja Cenciarelli che leggo. Romana, insegnante, scrittrice e traduttrice, nel 2011 ha pubblicato Sangue del suo sangue, romanzo che mi aveva colpito per la capacità dell’autrice di fornire un punto di vista alternativo sul terrorismo di sinistra. Lo stile semplice e lineare, la capacità di mantenere un’invidiabile omogeneità narrativa, il lavoro – evidente – sui dialoghi, la mancanza di passaggi superflui, la padronanza nell’uso degli strumenti letterari, mai una parola non necessaria: sono queste le qualità principali della Cenciarelli che ritroviamo, ancora migliorate, anche nella La nuda verità, edito a settembre da Marsilio.
Un romanzo noir, di denuncia sociale, d’introspezione psicologica o d’amore? Tutti e nessuno. Credo che La nuda verità sia un romanzo che vada al di là di qualsiasi genere, di ogni classificazione: se ne ha una è «un bel romanzo». L’architettura della storia è ben studiata, gli ambienti definiti con poche ma precise parole che fanno rimanere dentro la narrazione, i personaggi – che non vorremmo essere, ma ci accorgeremo prima o poi che in ognuno di loro c’è un po’ di noi stessi – sempre vivi e detestabili; l’amore e l’odio, i sentimenti che regolano le nostre esistenze, raccontati senza filtri, senza quel finto pudore che ne nasconde, spesso, l’enorme potenzialità e spietatezza. Siamo capaci di tutto per amore, ci umiliamo, ci prostriamo, ci disperiamo, ci mettiamo in situazioni imbarazzanti che mai avremo pensato di vivere. L’amore può essere crudele quanto e più dell’odio, la gelosia può distruggerci.
Donatella è un’oncologa molto stimata, una professionista a cui molti si rivolgono in momenti drammatici. Se nulla si può dire della sua professionalità, la sua mancanza di empatia e di umanità è totale. Detesta i colleghi e i pazienti che chiedono una parola di conforto, di speranza, non ha amici e non dorme mai nuda perché non ha la minima intimità col suo corpo. A quarantacinque anni non ha avuto ancora il coraggio di fare sesso, prova ribrezzo al solo pensiero.
A una festa di compleanno di una collega conosce Stefano, un uomo affascinante, colto e smaliziato che commercia in vini. Lui l’avvicina ma Donatella, come suo solito, fugge. Stefano non demorde, e nonostante il suo esserci e non esserci, lo scomparire per settimane, l’ammissione di scopare con altre donne, il fatto di non assicurare Donatella del suo amore, entra nella sua vita.
Francesca è la segretaria dello studio privato di Donatella, che non resta insensibile al fascino di Stefano. Ha bisogno di lavorare, è una ragazza madre che vive con la madre, e vede in Stefano, anche se sa della relazione con la sua datrice di lavoro, un uomo con cui sistemarsi e dare a se stessa e alla figlia una possibilità di una vita agiata. Stefano non fa mistero di corteggiare entrambe, e la situazione tra le due donne diventa sempre più esplosiva.
L’ultima protagonista, Catia Capriati, entra in scena a narrazione inoltrata, dopo che Stefano, più volte, ne annuncia la presenza. È lei il filo che unisce gli altri personaggi, che usa Stefano come uno strumento per i propri scopi il quale, a sua volta, usa le altre due donne.
Una storia losca con colpi di scena che tengono la tensione alta, personalità che mano a mano si definiscono in maniera compiuta. Un romanzo che unisce l’evasione al mistero, la buona narrativa alla denuncia sociale, la psicologia alla Simenon alla disperazione umana. Un romanzo a cui non manca niente.