Wolfram Fleischhauer è un scrittore tedesco piuttosto prolifico. In Italia, nel passato, Longanesi ha tradotto quattro dei suoi dei suoi romanzi che si muovono tra ambientazioni storiche e noir contemporaneo (Un enigma color porpora, 2004; Il libro che cambiò il mondo, 2006; La donna dalle mani di pioggia, 2008; L’ombra dell’ultima rosa, 2011); Purtroppo però, da noi, la sua fama è inferiore ai suoi meriti e, detto per il pubblico di lettori italiani, anche alla sua originalità. In questi anni, l’editore Emons cercato di porre riparo a questo ritardo. Lo scorso anno pubblicando il bellissimo Il bosco silenzioso (2018) e oggi mandando in libreria Rosso come il mare, una storia nera di ambientazione ecologista.
Coerentemente con una sensibilità a cui tutto il continente europeo deve molto, Fleischhauer immerge i collaudati meccanismi del noir all’interno di un contesto che ha a che fare con l’ambiente e con le istituzioni che dovrebbero tutelarlo.
Tutta la vicenda è saldamente ancorata a una realtà poco conosciuta ma di grande rilevanza economica e politica: la pesca di frodo. Su questa realtà vigila una giovane donna, Teresa, che troviamo sul Valladolid, un peschereccio congelatore spagnolo, sul quale è imbarcata allo scopo di verificare per conto della UE che tutto si svolga correttamente. Il lavoro di Teresa potrebbe svolgersi nella più tranquilla routine, nonostante l’equipaggio le sia esplicitamente ostile. A un certo punto la ragazza viene rapita e letteralmente scompare dall’orizzonte dei sui cari. In particolare da John Render, funzionario UE e suo compagno nella vita privata, che non si fa una ragione per questo tragico evento ed è avvinto dai sensi di colpa.
Da questo momento la lente dell’obiettivo del narratore si modifica fino a comprendere un angolo più vasto di scenari. Entrano in campo personaggi come la giovane attivista ecologista Ragno di Melo, braccata e minacciata dai trafficanti illegali di pesce, rifugiatasi momentaneamente nel Sudest asiatico. E poi vi è una pletora di cinici speculatori, imprenditori? affaristi? – a cui tutto va riportato. Perché, come è noto, l’illegalità di certe pratiche si capisce solo seguendo le tracce e la logica del profitto.
Ora forse è necessario sottolineare che, in puro stile noir, i personaggi sono piuttosto schematici. Sono esseri umani a una sola dimensione, soprattutto i “cattivi”. Ma ci sembra giusto così. Non solo perché l’azione non viene interrotta da vicende e digressioni che ne impoverirebbero la spinta, ma perché, effettivamente, di quei personaggi non interessa sapere altro.
Lo spirito con cui Fleischhauer ha scritto il suo romanzo è uno spirito politico e civile. Fortemente europeista. In Rosso come il mare si legge di lunghe e inutili riunioni delle commissioni della Comunità Europea di cui l’autore denuncia debolezza e inefficienza, ma si vede anche come i confini siano di fatto saltati, che l’Europa stia procedendo verso un processo di unificazione e – aggiungiamo noi – i muri e le barriere siano sole stupide illusioni.
Nel procedere con la lettura l’attenzione è divisa tra una forte spinta a seguire gli esiti degli eventi che riguardano i protagonisti e lo sbigottimento che ci procura la conoscenza delle pratiche illegali di pesca. Il mare viene offeso e forse irrimediabilmente depauperato, la nostra salute minacciata in modo molto serio e il destino dell’umanità messo violentemente in discussione.
Da anni tutto questo è sotto gli occhi di tutti. Tutti abbiamo visto come il pesce non sia più portato dai piccoli pescherecci che affollavano i porti, ma solo da grandi imbarcazioni che navigano spesso in barba alle più elementari regole sia per quanto riguarda i metodi di pesca che la stagionalità degli interventi.
Eppure questa cosa sembra non interessare nessuno. Il pesce a tavola è di moda, ma se non interveniamo, non lo sarà più.