Nel 2009, in occasione dei quarant’anni della casa editrice, Sellerio ristampava i due romanzi di Geoffrey Holiday Hall, spiegando che si trattava di uno dei punti cruciali della loro storia editoriale. Hall ricorda altri giallisti di classe, come Georges Simenon o Leonardo Sciascia, per cui la trama, pur studiata nei dettagli come richiedono le regole del genere, è un’opportunità per l’opera letteraria. Sono entrambi romanzi con ambientazione e personaggi particolari, e uno stile distintivo che riecheggia quello di grandi autori statunitensi.
La fine è nota, tradotto da Simona Modica, è il primo romanzo di Hall ed è un noir che gioca con grande maestria con le regole del genere. Bayard Paulton è un uomo ricco e felice, quieto vice-direttore di un grande magazzino, di ritorno dal lavoro: mentre sta per entrare in casa, il corpo di un uomo gli precipita accanto. Paulton è ovviamente scosso dall’accaduto, ma ciò che ancora non sa è che l’uomo è precipitato dalla finestra di casa sua. Arrivato all’appartamento situato ai piani alti di un grattacielo, trova sua moglie sconvolta. Margo è giovane e leggera, e proprio questa leggerezza aiuta Paulton a scaricare le tensioni, ma non quel giorno. Margo spiega che l’uomo lo cercava affermando che solo lui avrebbe potuto aiutarlo, ma mentre Margo era in un’altra stanza il visitatore è saltato dalla finestra. Paulton ricorda bene il viso dell’uomo senza vita sul marciapiede, il viso di uno sconosciuto. La polizia mentre indaga gli fornisce l’identità del morto – Roy Kearney – ma neppure il nome gli dice nulla. Che sia un suo impiegato che ha dimenticato o magari non ha mai visto? No, Roy Kearney non compare in nessuno degli elenchi degli impiegati. E allora come Bayard Paulton avrebbe potuto aiutare quell’uomo, uno sconosciuto, che era venuto a cercare proprio lui, dicendo che era l’unico che potesse aiutarlo, per poi decidere di non aspettarlo e gettarsi dalla finestra? L’uomo che non ha potuto salvare, il mistero aperto, la mancanza di spiegazioni: fatti che, insieme ad altri, lo tormentano.
Questi interrogativi e il volto di Kearney progressivamente divengono per Bayard Paulton una vera e propria ossessione, tanto che non riesce più a prestare attenzione a niente, neppure all’imminente sciopero dei lavoratori del Noblington, il grande magazzino che dirige, e, quando Margo parte per alcuni giorni, non c’è più nulla che lo possa distrarre da quello che è ormai diventato un pensiero fisso. Chiama spesso il poliziotto che segue il caso, e quando una donna si presenta per reclamare il corpo del morto, Paulton decide di incontrarla. Jessie è una donna di mezz’età, polverosa e strana, “Jessie la pazza,” se lo dice da sola. Viene dal Montana, da Summer Crossings, cittadina agonizzante dove i treni non fermano più e dove lei possiede un caffè in cui quasi nessuno entra. Viene e chiede il corpo, e in risposta alle mille domande di Paulton racconta una storia che comunque non torna, che non spiega nulla. Niente di ciò che racconta sembra essere utile per collegare Paulton e Kearney, e ogni informazione genera solo nuove domande. Ma ci deve essere una spiegazione, e così Paulton decide di andare al caffè di Summer Crossings, a cercare Jessie la pazza, a cercare risposte.
Attraverso l’ossessiva ricerca di spiegazioni di Paulton, Geoffrey Holiday Hall porta il lettore attraverso le molte sfaccettature della società statunitense. La New York ricca e scintillante, le piccole città rurali, le classi alte e le classi basse, i loro desideri e le loro paure, e se il mistery di Paulton avrà sì una risposta, non potrà mai avere risposta il grande perché delle cose sollevato da un evento apparentemente inspiegabile.
Cinque anni dopo, Hall pubblica il suo secondo romanzo. Qualcuno alla porta, tradotto da Stefania Bruno, si svolge in Austria dopo la fine della Seconda guerra mondiale, in una Vienna divisa in settori sul modello di Berlino. La premessa è un’intrigante variazione sul classico delitto della camera chiusa: un uomo si sveglia, qualcuno bussa alla porta. Confuso, l’uomo cerca di raccapezzarsi senza riuscirci. Con lui nell’appartamento si trova un cadavere, e, come l’uomo che bussa gli fa notare, la porta è chiusa a chiave dall’interno. È possibile che l’abbia ucciso e non lo ricordi? E come potrà uscire da questa spinosa situazione?
Terminato il primo capitolo, l’autore introduce due nuovi personaggi: Casey e Felicia, coppia di statunitensi in viaggio d’affari. Non è la prima volta che sono a Vienna, di casa all’Hotel Continental, ma c’è qualcosa di diverso in questa occasione: Felicia ha da poco incontrato una connazionale, scappata da Vienna ritenendola città più pericolosa d’Europa, una città che puzza di morte. Così, nonostante la sua razionalalità, Felicia non vede l’ora di poter ripartire per Venezia, tappa successiva del viaggio. Casey invece ha altro in mente. Le cose non vanno nel verso che lui si aspettava, e l’affare che pensava di concludere è invece andato in fumo. Forse per questo motivo il suo coinvolgimento quando viene contattato da uno sconosciuto che vuole vendergli informazioni: è stufo di farsi prendere in giro dagli austriaci. Da qui si sviluppa la trama spionistica, a tratti rocambolesca, con personaggi che si ritrovano in ambiente ostile, con difficoltà linguistiche e d’orientamento in una città labirintica di cui conoscono solo il ricco centro urbano.
A differenza dei molti romanzi appartenenti al genere, qui emergono alcuni personaggi davvero particolari e atmosfere per così dire molto “intense”. La Vienna dell’immediato Dopoguerra è affollata di stranieri: discutibili uomini d’affari, avventurieri, militari statunitensi e russi che presidiano i diversi settori: tutti si incrociano in locali notturni e bagni turchi. Ognuno di loro potrebbe essere una spia, un doppiogiochista o semplicemente un avido ruffiano. Alle loro spalle, in sordina, compaiono i personaggi austriaci, ormai personaggi secondari nella loro stessa città, vite grigie in una società distrutta dalla guerra, disperati e determinati a cambiare il proprio destino con ogni mezzo. Sono spesso loro i personaggi più interessanti e tragici di questo carosello di luci e ombre in una Vienna ormai scomparsa.
È evidente che Geoffrey Holiday Hall conosceva intimamente la Vienna dell’epoca, e forse proprio questo ha fatto nascere le voci che potesse essere un agente segreto. Effettivamente l’autore stesso è un mistero. Esiste solo una sua fotografia, di cui però non si è neppure sicuri, così come della sua identità. Come si può leggere nell’edizione dell’editore Sellerio, perfino Sciascia rimase invischiato nell’intreccio di questo romanzo. Sciascia amava leggere gialli viaggiando in treno, e aveva acquistato il romanzo La fine è nota come ultima uscita di una collana popolare. Gli era piaciuto molto, e fin dalle prime pagine gli era sembrato che il libro fosse di una qualità superiore rispetto agli altri titoli della collana. Le informazioni presenti sul volume erano poche, e non sembravano essercene altre disponibili. Sciascia, incuriosito, si rivolge all’editore che cerca di aiutarlo, ma non ottiene risposte utili, tre anni dopo l’uscita del libro, Geoffrey Holiday Hall sembra scomparso dal mondo. Sciascia ci riprova quasi quarant’anni dopo assieme a Elvira Sellerio, in occasione della ristampa del libro, ma senza esiti positivi. Trent’anni dopo ci ho provato anche io, confidando nel potere di internet, ma su Geoffrey Holiday Hall praticamente non esiste nulla di rilevante, soltanto pettegolezzi su un supposto agente segreto o teorie, come quella sciasciana: autore misterioso e qualità stilistica potrebbero dimostrare che l’enigmatico Hall altri non sia che un autore famoso e affermato con voglia di svagarsi scrivendo una serie di noir.
La fine è nota ha vinto il Grand Prix de la Littérature Policière nel 1954 e nel 1992 ne è stato tratto un film di Cristina Comencini.