Maurizio De Benedictis, Un filo di corallo rosso, Avagliano Editore, pp. 397, €19,00 stampa
recensisce VALENTINA MARCOLI
Sono passati anni dalla prima proiezione del film Schindler’s List, in cui un imprenditore tedesco si rende conto dell’orrore cui sta partecipando (non proprio) inconsapevolmente e decide quindi di agire stilando una lista di ebrei per salvarli dallo sterminio. Rimane ancora impresso nella memoria il cappottino rosso di una bimba deportata e poi trucidata, l’unica nota di colore in un film in bianco e nero. Ecco cosa rappresenta il filo di corallo rosso dell’omonimo romanzo di De Benedictis, un filo di speranza, di rivalsa dell’innocenza e della purezza dei bambini sulla banalità del male citato dalla Arendt, in uno dei momenti più tetri della storia.
De Benedictis, docente di Letteratura Moderna e Storia del Cinema all’Università La Sapienza di Roma, non è nuovo a questa visione particolare che traspare nelle sue pagine, un approccio molto simile alle sceneggiature, con battute e descrizioni dello sfondo in cui l’azione si svolge. Purtroppo la ricerca di uno stile ricco di termini desueti e di costruzione della frase antiquata e ricca di parentesi, rendono la lettura poco scorrevole, e anzi in più punti si inceppa persino il concetto espresso. Questo non sarebbe un problema se il testo fosse un saggio filosofico o di critica letteraria, ma in quello che si propone di essere un romanzo storico falcia drasticamente il target di lettori.
La trama di base sarebbe però molto buona e interessante, soprattutto per chi vuole approfondire argomenti quali Olocausto, nazismo, seconda guerra mondiale.Una lettura che potrebbe dare molto al lettore, ma che in realtà lo mette in difficoltà nel seguire i vari cambi di scena. Lo smarrimento che ne deriva sfocia in delusione e affaticamento; induce a valutare l’opzione di passare ad altro.
Due giovani studenti trascorrono un anno sabbatico in un appartamentino a Parigi. L’io narrante appartiene ad un ragazzo di origini partenopee che ripercorre i fatti culminanti nella sparizione del coinquilino Ignazio. Il ragazzo stava coltivando l’amicizia con Wieserth, un tedesco conosciuto durante una visita alle catacombe parigine, dove faceva la guida abusiva. Attraverso una serie di briciole lasciate sotto forma di racconti, come in una versione attuale della fiaba di Pollicino, Ignazio scopre di avere davanti a sé il capitano delle SS Christian Wirth, autore dello sterminio di ebrei tramite il monossido di carbonio.
Come da una scatola senza fondo usciranno figure come Eichmann, il comandante di Auschwitz Hoss, e il dottor Mengele affascinato dai gemelli, ma anche il pedagogo Korczak e il chimico ebreo Gerstein creatore del letale gas Zyklon B. In una spirale di crimini efferati e testimonianze ritrovate in biblioteca, si giungerà ad un finale agitato ma prevedibile, in cui Ignazio si presuppone compia un gesto estremo prima di eclissarsi. In particolare sarà l’aneddoto letto nel diario di Gerstein che farà scattare in lui la molla dell’ira, di un bambino che prima di entrare nella casetta dove verrà gassato, raccoglie da terra un filo di corallo rosso che simboleggia nelle tradizioni di paese un portafortuna, e lo terrà stretto fino all’ultimo istante di vita, un po’ come il cappottino rosso di Schindler’s List.