Il giovane Marx e la prefigurazione del futuro

Giulio Marcon, Il giovane Marx. La radice delle cose, Jaca Book, pp. 339, 24,00 euro stampa, euro 16,99 epub

“Non sempre possiamo abbracciare la professione alla quale ci crediamo chiamati; i nostri rapporti nella società sono già cominciati prima che noi siamo in grado di determinarli”. Eppure, “la guida principale che ci deve soccorrere alla scelta di una professione è il bene dell’umanità”.

Queste lucide, luminose parole compaiono nel tema di tedesco per la licenza liceale scritto da un giovane di diciassette anni. Quel ragazzo era Karl Marx. Già, il tanto vituperato Marx, il cui pensiero, le cui teorie sociali, politiche ed economiche, il cui sistema di analisi del capitalismo e dei suoi danni sono stati oggetto di sistematica denigrazione, considerate come inadeguate a descrivere la contemporaneità e l’era della globalizzazione, il residuo ottocentesco di un materialismo storico ormai superato: una metodica, pervicace decostruzione di un modo di vedere e analizzare il mondo e le relazioni umane troppo coordinato per non riuscire sospetto.

Ma da almeno un quindicennio, in seguito alle gigantesche crisi economiche che si abbattono di continuo sul mondo, a una più acuta consapevolezza della perniciosità di un neoliberismo selvaggio e di un’economia priva di regole, e anche grazie alle molteplici iniziative organizzate in occasione del 150° anniversario della pubblicazione del Capitale e del bicentenario della nascita, Marx e il suo pensiero sembrano tornati alla ribalta. La pubblicazione di manoscritti sconosciuti e testi inediti, la comparsa di riconsiderazioni teoriche e interpretazioni innovative del suo imponente lascito hanno aperto la via a nuovi orizzonti di ricerca, e così si è scoperto che il poderoso apparato marxiano risulta oggi più che mai indispensabile per comprendere le contraddizioni del capitalismo, i suoi meccanismi distruttivi dell’uomo e dell’ambiente.

Sull’onda di questo rinnovato interesse, un paio di anni fa era apparso in Italia un volume che faceva il punto della situazione, Max revival. Concetti essenziali e nuove letture, edito da Donzelli e curato da Marcello Musto. Oggi accogliamo con altrettanta attenzione un libro che si sofferma sulla formazione e sugli scritti giovanili del pensatore di Treviri.

L’introduzione che apre il volume ricostruisce il percorso biografico di Marx, gli studi intrapresi, i percorsi culturali formativi, la crescente consapevolezza del proprio ruolo nella società, lo sviluppo di una personalità affascinante che si forgia nell’intransigenza rivoluzionaria e nella dedizione disinteressata, l’inizio e l’approfondimento dell’impegno politico con le esperienze giornalistiche: in breve, la prepotente crescita di un impeto di ribellione verso l’ordine esistente che lo porterà dalle iniziali posizioni liberali a sposare la causa della democrazia radicale, sino all’approdo al comunismo, con l’imperativo di cambiare il mondo, “di rovesciare tutti i rapporti nei quali l’uomo è un essere degradato, assoggettato, abbandonato, spregevole”. È l’approdo a un umanesimo radicale, che, come sintetizza Marcon, “porta fuori l’uomo dall’astrattezza del sapere speculativo riconducendolo al mondo, alla storia, alla società”.

In sette capitoli organizzati cronologicamente si presenta così una meditata antologia di scritti giovanili di Marx: nel primo, “L’affacciarsi alla vita (1835-1841)”, compare il tema della licenza liceale, la celebre Lettera al padre e tre sonetti composti per la futura moglie, Jenny. Il secondo segue l’esordio politico e giornalistico (1842-43), con gli articoli scritti per la Gazzetta Renana sulla libertà di stampa, sulla legge contro i furti di legna, sul comunismo, e una lettera a Ruge. Il terzo capitolo è dedicato alla critica dello stato, del diritto, della politica e al distacco da Hegel (1843-44), il quarto alle riflessioni sull’economia politica e sul comunismo umanistico (febbraio-agosto 1844), il quinto alla resa dei conti con l’idealismo (1845-1847), e gli ultimi due affrontano il “Redde rationem con Proudhon” (1847) e “La rivoluzione del proletariato” (1848).

Il volume propone quindi una silloge di testi sino alle soglie del Manifesto del partito comunista, da cui si evince la continuità tra le opere giovanili e quelle della maturità, una delle conquiste della critica contemporanea degli studi marxiani.

In definitiva, tornare a occuparsi del giovane Marx ha un duplice valore: ricollocare il suo pensiero e il suo apparato teorico alla luce delle riscoperte storiche e degli aggiornamenti filologici; soprattutto, ha un senso compiuto mettere in fruttuosa relazione la sua opera e il suo pensiero con i tempi che stiamo vivendo. Le riflessioni marxiane sull’alienazione, sui bisogni indotti dal capitale, sul denaro, la critica all’individualismo che soggiace alla costruzione del mondo moderno (“bisogna cambiare il punto di partenza, che deve essere il tutti anziché i singoli”), le considerazioni sul rapporto tra Stato e società civile, la ricomposizione del sociale e del politico, rimangono di straordinaria attualità, come anche le analisi sullo sviluppo del capitalismo di metà Ottocento, in cui si riscontrano sconcertanti analogie con la globalizzazione neoliberista dell’ultimo cinquantennio. Dunque, come conclude l’autore di questo lucido libro, continuare a studiare e rileggere il giovane Marx e tutta la sua opera “significa dotarsi di importanti strumenti di analisi e di comprensione della traiettoria che la società e l’economia capitalista hanno preso negli ultimi decenni, significa mettersi nelle condizioni di capire le distorsioni antropologiche, le ingiustizie economiche, la disumanizzazione sociale che stanno colpendo le nostre comunità”. Marx, aggiungiamo, continua a trasmettere agli uomini e alle donne d’oggi il suo fecondissimo esempio di esemplare radicalità: di studio e d’analisi, nei modi d’essere e nel relazionarsi col mondo, che poi è forse l’unico approccio possibile se si vuole davvero mutare e ribaltare l’ordine esistente.

Il diciassettenne Marx termina il suo elaborato per la licenza liceale con frasi da brivido, straordinaria prefigurazione di un futuro già immaginato e creato: “Quando abbiamo scelto la professione nella quale possiamo maggiormente operare per l’umanità, allora gli oneri non possono più schiacciarci, perché essi sono soltanto un sacrificio per il bene di tutti, allora non gustiamo una gioia povera, limitata ed egoistica, ma la nostra felicità appartiene a milioni, le nostre imprese vivono silenziose, ma eternamente operanti, e le nostre ceneri saranno bagnate dalle lacrime ardenti di uomini nobili”.