Non accade spesso di incappare in un autore che sappia prendere e stravolgere le regole dei generi letterari. I due romanzi dello scrittore vietnamita naturalizzato americano Viet Thanh Nguyen si situano nell’ambito del noir? No, anche se è da lì che arrivano molti elementi. È un romanzo storico? No: sebbene ambientato quasi mezzo secolo fa, ci sono temi e argomenti ancora di stretta attualità. È un politico sociale? Dark humour? Un po’ di tutto, e nulla di tutto questo. Anzi, sono convinto che il notevole successo di vendite e di critica (Il simpatizzante ha vinto il Pulitzer nel 2016, primo scrittore di origine asiatica in oltre un secolo di storia del premio) porterà una ventata d’aria fresca nello stantio ambiente del thriller americano.
I due romanzi sono uno il seguito dell’altro; possono essere letti indipendentemente, anche se la comprensione completa richiede una lettura cronologica. Il protagonista è un personaggio senza nome, dal momento che è punto di vista e io narrante e non identifica mai se stesso con un nome; per essere precisi, ogni tanto entra in possesso di un passaporto con un’identità fittizia. Solo per praticità, lo chiamerò “il Bastardo”, perché così viene chiamato per spregio, dato che è nato dalla relazione extra matrimoniale tra un sacerdote francese e una giovanissima contadina vietnamita. D’altra parte il protagonista riconosce che “la mia tendenza a comprendere le ragioni altrui ha molto a che fare con la mia condizione di bastardo, il che ovviamente non significa che essere bastardi predisponga naturalmente a un simile atteggiamento. molti bastardi si comportano da bastardi (…)” Nelle ultime pagine de Il militante afferma di chiamarsi Joseph Nguyen, ma non è una scelta autobiografica, dal momento che Joseph è il nome del padre, e quattro vietnamiti su dieci portano il nome di famiglia Nguyen , compresi diversi imperatori e i due presidenti, quello del nord Ho Chi Minh (che è il nome di battaglia di Nguyen Sinh Cung) e quello del sud Nguyen Van Thieu.
Tutti gli eventi si intrecciano intorno a un fatto apparentemente secondario, che però condiziona eventi e comportamenti dei protagonisti sino alla fine. Mentre studiano in un liceo di Saigon, negli anni Sessanta, tre adolescenti siglano un patto di sangue con un coltello e un taglio nella mano: rimarranno fratelli per tutta la vita, pronti a dare la vita per gli altri due. La guerra però li porta a una segreta e irreconciliabile divaricazione ideologica: Bon, che ha visto il padre assassinato dai vietcong, diventa un killer anticomunista al servizio della repressione; al contrario Man comanda una cellula segreta comunista che lavora dietro le linee; il Bastardo infine entra nella polizia segreta e raggiunge il grado di capitano, collaborando con la Cia, mentre in realtà è un infiltrato ad alto livello dell’organizzazione guidata da Man.
La storia inizia con la caduta di Saigon nell’aprile 1975, quando l’esercito del Vietnam del Sud si sbriciola di fronte all’ultima offensiva del Nord. Gli americani evacuano la capitale portando con sé alcuni elementi della rete anticomunista che avevano messo in piedi: tra questi c’è il Bastardo, il quale arriva negli Stati Uniti, ancora come infiltrato, per ordine del suo superiore Man, in modo da controllare il Generale ex comandante della polizia segreta.
Il primo libro, Il simpatizzante, è ambientato tra Vietnam e Stati Uniti. Lacerato tra la fedeltà ai propri ideali politici e gli obiettivi della missione che gli è stata affidata, e che comporta una parziale assimilazione nell’american way of life, il Bastardo comincia a soffrire di uno sdoppiamento che diventerà definitivo nel momento più traumatico, durante il tentativo di ritorno in patria con un gruppo armato di sabotatori. L’atmosfera di questo primo volume non è rigorosamente noir, anche se l’intreccio si presterebbe. L’autore tiene tutto sotto controllo grazie alla scelta del punto di vista, che non è una di quelle voci disincantate, scarsamente empatiche o “piacione” che caratterizzano il genere: il Bastardo prende coscienza del quasi inevitabile sdoppiamento tra ciò che crede e ciò che deve far credere di credere. Ma questo conflitto interiore, metafora dalla contrapposizione occidente/oriente, provoca inevitabilmente dei danni, fino alla prova finale della prima “riunione” tra i tre protagonisti, quando il Bastardo si rende conto di come la rigida maschera che si è imposta, o che gli hanno imposto, è divenuta la sua identità principale.
Il simpatizzante è ripubblicato in una nuova edizione tascabile per Beat, l’editrice economica di Neri Pozza, e a marzo 2021, quasi in simultanea con gli Stati Uniti, è uscito Il militante, che non è solo un seguito ma un completamento. In un certo sento è la seconda parte di un romanzo unico, ma come già detto può essere letto senza conoscere il primo, perché Nguyen riesce a ricapitolare l’antefatto con una serie di richiami che si inseriscono con maestria nella trama. Anzi, la descrizione più dettagliata del patto di sangue è in questo secondo volume, come pure dell’episodio cruento alla base del più tenace tra i sensi di colpa del Bastardo: la sua impotenza a salvare la vita di un’agente comunista, al tempo della polizia segreta, che ha aggravato la scissione della sua coscienza.
Il militante è interamente ambientato a Parigi, dove Bon e il Bastardo si trovano esiliati alla fine del periodo negli Usa, a causa del fallimento del tentativo armato di sollevazione in patria. Chi, cosa è diventato il Bastardo? È ancora un doppiogiochista infiltrato tra gli esuli, oppure è un ex comunista che si è reso conto di aver contribuito all’affermarsi di un potere diverso ma altrettanto oppressivo, o ancora una personalità scissa tra ciò ama comunque — l’ideale comunista — e l’impossibilità di vivere nell’utopia che ha guidato tutta la sua vita? E qual è la causa di questo esilio dall’anima: vivere in America e pensare da americano lo ha reso davvero un nemico del Vietnam? oppure la natura della sua missione rendeva già implicito che non avrebbe mai potuto disintossicarsi dal veleno capitalista, e che il “paradiso” comunista gli sarebbe sempre stato precluso?
Viet Than Nguyen è nato nel 1971 in Vietnam (vero nome Nguyễn Việt Thanh), da una famiglia che vent’anni prima era migrata, per ragioni politiche, dal nord a sud del paese. Nel ’75 fugge negli USA, come il suo protagonista, di conseguenza la sua formazione scolastica e culturale è tutta americana. “Ai rifugiati sparsi nel mondo” dedica il suo libro di racconti I rifugiati perché, scrive, “in un paese [gli Stati Uniti] dove i beni di proprietà erano l’unica cosa che contasse, non avevamo niente che ci appartenesse, a parte le storie”. Durante gli studi universitari a Berkeley, Nguyen segue un corso di letteratura amerasiatica che gli fa comprendere la realtà di profonda oppressione anti-asiatica negli Stati Uniti; un’esperienza che contribuisce a radicalizzarlo, stando alle sue parole: “Radicalizzarsi significava semplicemente comprendere cos’è accaduto agli asiatici e agli amerasiatici. E se questa è radicalizzazione, mi auguro che chiunque si radicalizzi perché se non conosci i fatti, significa che sei stato privato della conoscenza della tua stessa esistenza.”
E poi ancora:
“Se davvero comprendiamo la storia, e se comprendiamo il presente, c’è molto di cui arrabbiarsi. Se la rabbia è rivolta nella direzione sbagliata, o se è eccessiva, è cosa negativa, ma la giusta dose di rabbia è positiva perché ti fa sentire sveglio e consapevole che là fuori ci sono ingiustizie verso le quali adirarsi. E se non provi affatto rabbia, in alcun modo, allora sei stupido o totalmente cieco all’esistenza dell’ingiustizia.”
Un autore fuori dal sistema dei generi, dicevamo, consapevole che l’editoria americana con “uno staff editoriale bianco all’85%, e una lista di autori al 95% bianchi, è ancora decisamente bianca”. E qui sta la questione di un possibile “genere letterario” per Viet Thanh Nguyen, ammesso che ciò abbia una valenza oltre alla classificazione commerciale: né thriller né noir né altro, è forse il più recente esempio di quella letteratura post-coloniale che costituisce una delle varianti del postmoderno, i cui antesignani sono da rintracciare in Salman Rushdie e Toni Morrison, e il cui valore letterario sta nel confronto spietato tra la tradizione del romanzo occidentale e il resto del mondo — una comparazione dal risultato ambiguo però, perché il Bastardo è il primo a riconoscere, nella propria analisi, la validità di maestri del pensiero come Marx, Lenin, Sartre, Adorno, e ad apprezzare musica, cinematografia e letteratura del nemico/amico. Dunque, forse, un postmoderno colto alla ricerca di nuove vie per il romanzo del XXI secolo.
Il simpatizzante, tr. Luca Briasco, Beat Edizioni, pp. 512 euro 9,40 stampa, euro 9,99 eBook
Il militante, tr. Luca Briasco, Neri Pozza, pp. 432 euro 19,00 stampa, euro 10,99 eBook
I Rifugiati, tr. Luca Briasco, Neri Pozza, pp. 224 euro 16,00 stampa, euro 9,99 eBook
Niente muore mai. Il Viet Nam e la memoria della guerra, tr. Chiara Brovelli, Neri Pozza, pp. 400 euro 19,00 stampa, euro 9,99 eBook. Qui la recensione di Umberto Rossi