Il caso Robledo

Riccardo Iacona, Palazzo d’ingiustizia: Il caso Robledo e l’indipendenza della magistratura italiana – Viaggio nelle procure italiane, Marsilio, pp. 204, euro 18,00 stampa

Alfredo Robledo: un nome che mi pare uscito dalle pagine di Tullio Avoledo. Ma non è fiction, questa, è cronaca. Robledo è un magistrato in carne e ossa, che in qualità di procuratore aggiunto ha condotto una serie di importanti indagini giudiziarie, tra cui spicca quella su Mediaset e ovviamente Silvio Berlusconi, incentrata sulla creazione di fondi neri grazie a un giro di società offshore, che ha portato alla condanna definitiva dell’illustre personaggio (una storia molto più seria e interessante delle festicciole ad Arcore, ma che – chissà com’è – ha trovato molto meno spazio sui nostri media…). E se qualcuno volesse qualificare Robledo come “toga rossa”, legga il reportage di Iacona e veda un po’ come una delle indagini di Robledo abbia a che fare con l’Expo di Milano, ai tempi di Pisapia sindaco, e un’altra sulla cessione da parte del Comune ambrosiano di quote della SEA, la società aeroportuale milanese, sempre ai tempi della giunta Pisapia, che non era proprio di centrodestra. Come ripetono diversi personaggi intervistati da Iacona, Robledo è noto per essere un magistrato che non guarda in faccia a nessuno, ed è assai difficile se non impossibile, leggendo questo libro, pensare che sia una toga agganciata a questo o quello schieramento politico.

Il secondo personaggio principale della storia ricostruita da Iacona è Edmondo Bruti Liberati, procuratore della Repubblica di Milano a partire dal 2010. Se volessimo semplificare la vicenda, potremmo dire che Bruti Liberati è l’antagonista; il capo della procura che diviene in breve tempo il principale oppositore di Robledo e delle sue indagini. Se il procuratore aggiunto, alla guida del secondo dipartimento della procura (che si occupa dei reati contro la pubblica amministrazione), non guarda in faccia a nessuno, ma cerca di fare i suo lavoro difendendo l’autonomia del magistrato, Bruti Liberati sembra ben deciso a non pestare i piedi a nessuno, a non farsi nemici, in nome della “sensibilità istituzionale”. Se vi state chiedendo cosa accidente sia la “sensibilità istituzionale”, risponderò che leggendo il libro di Iacona mi sono convinto che si tratti di una di quelle espressioni vaghe, tipiche dell’italiano politichese, burocratese, giuridichese, dietro la quale si può nascondere qualsivoglia porcheria. Vuol dire, in soldoni, evitare di fare troppo casino per non disturbare i grandi affari, puliti o sporchi che siano. Come l’Expo di Milano, ad esempio.

I due magistrati entrano fatalmente in rotta di collisione relativamente a varie indagini, in un crescendo di contrasti culminante in quello relativo all’inchiesta sugli appalti dell’Expo 2015. Si arriva a un esposto al CSM da parte di Robledo, secondo il quale Bruti Liberati sta dirigendo la Procura di Milano in modo arbitrario e opaco, andando oltre quelli che sono i poteri di un Procuratore capo. La questione è talmente calda da provocare un intervento del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in qualità di Presidente del CSM, che in una lettera invita l’organo di governo della magistratura a dare ragione a Bruti Liberati, cosa che il CSM prontamente fa.

La mia è una sintesi anche troppo breve; Iacona, nel libro, ricostruisce la vicenda in tutti i suoi particolari. La connette inoltre al sempre maggiore potere delle correnti in seno all’Associazione Nazionale Magistrati e di riflesso nel Consiglio Superiore della Magistratura; al fatto che ormai si fa carriera, nei tribunali, più per la capacità di navigare nella politica interna al mondo giudiziario che per le capacità tecniche e dirigenziali, o per la correttezza e l’indipendenza dimostrate. Infine spiega come si sia arrivati al trasferimento di Robledo dal tribunale di Milano a quello di Torino a causa di una serie di procedimenti disciplinari per lo meno dubbi.

Concludendo: la tesi di Iacona, espressa abbastanza chiaramente, è che nell’opinione della politica e di una grossa fetta della magistratura non si deve dare fastidio al manovratore, chiunque egli sia. Un tempo la stampa cosiddetta di sinistra era prontissima a denunciare le malefatte di Berlusconi e compagni contro le toghe (con una serie leggi che, una volta approvate, non sono mai state toccate dai successivi governi, guarda un po’ – forse non facevano comodo solo all’Uomo di Arcore). Oggi la vedo assai meno pronta a dare battaglia sui temi della giustizia e dell’indipendenza della magistratura. Questo mi induce a pensare che il libro di Iacona abbia se non altro il pregio di attirare la nostra attenzione su una grossa partita che si va giocando dentro e fuori dei tribunali. Anche per questo vale la pena di leggerlo.

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