Teresa Ciabatti, Matrigna, Solferino, pp. 204, euro 16,50 stampa, euro 9,99 ebook
recensisce UMBERTO ROSSI
La prova che io e l’autrice di questo romanzo apparteniamo a due mondi diversi la trovo a p. 189, dove si afferma «Trentaduemila euro, il costo di un’utilitaria». Mi verrebbe da imitare Margaret Thatcher quando strapazzava i colleghi deputati inglesi, accusandoli di non conoscere il costo di un panetto di burro, e chiedere a Ciabatti che auto abbia lei (minimo una Porsche o una Rolls Royce) per pensare che a 32.000 si compri un’utilitaria. Ne bastano 10.000, anche meno se usata.
Nonostante ciò, la letteratura riesce a fare tanti miracoli, e uno di questi è proprio Matrigna. L’ultima volta che parlai di un libro di Ciabatti risale alla sua sconfitta allo Strega dell’anno scorso, quando venne battuta da Cognetti; e temevo che, esaurito un materiale autobiografico incandescente e disturbante in La più amata, la narratrice maremmana (lo so che abita a Roma ma la Maremma io la sento nelle sue pagine, comunque) potesse aver esaurito le cartucce. Invece no: la ragazza (mi si consenta) ha la pelle dura (maremmana, appunto), e rieccola qui. Con un romanzo che ho letto in due giorni solo perché è intervenuta la notte a interrompermi.
Chi ci racconta la storia è l’ennesima giovane donna (la immagino sui trenta passati da poco) con un disastro famigliare alle spalle. Ma stavolta non è di famiglia benestante: il padre uno che va a spegnere incendi nei boschi. Scordate i ricchi che piangono de Il mio paradiso è deserto o La più amata. E qui il disastro famigliare che ricade su Noemi (la figlia), Carla (la madre) e il padre (anonimo) è la sparizione di Andrea, adorabile figlio e fratellino di quattro anni, biondo e con gli occhi azzurri, del quale si perdono le tracce durante il Carnevale. Rapito, preda di pedofili, traffico di organi, cosa? Una volta quando spariva un bimbo o s’incolpavano le streghe, o gli ebrei, o gli zingari. Oggi le spiegazioni sono diverse, ovviamente si pensa ai pedofili, soli o in gruppo, ma resta la mostruosità del fatto, che proietta la famiglia di Noemi in televisione e sui giornali per una fugace fama (i quindici minuti profetizzati da Andy Warhol) cui segue un lento oblio e – per padre madre e sorella – una ferita profonda.
Ciabatti già qui dimostra di aver imparato l’arte, ricostruendo il fattaccio a posteriori, quando la bambina è ormai una giovane donna che ha lasciato il paesetto natio e si è laureata, e torna solo perché la madre Carla è restata ferita in un’incidente d’auto. Fin dall’inizio della narrazione Noemi sembra esser quella che ha retto meglio di tutti (padre madre e zia Franca) alla scomparsa del piccolo, adorabile Andrea. Ma non è così, e man mano che ci si inoltra nel romanzo cominciano ad apparire crepe nella sua troppo conclamata impassibilità. E le crepe s’allargano quando Noemi si trova alle prese con Luca, un giovane (guarda un po’, dagli occhi azzurri) tanto serio e posato che Carla frequenta da qualche tempo, col quale c’è una relazione forse amorosa forse no, nonostante la notevole differenza d’età.
Il ritorno al paese comporta rifare i conti su quel che è successo e tirare fuori qualche scheletro dall’armadio, nonché dalla cantina. Un altro scrittore ne avrebbe fatto un giallo; Ciabatti no, eppure, e questo ci tengo a sottolinearlo, ne esce un romanzo teso come un thriller, che ti obbliga a continuare a leggere, quasi compulsivamente. E ci sono colpi di scena che sarebbe un delitto anche solo accennare.
Infine, la grande novità: rispetto ai due precedenti, Ciabatti sembra essere stata posseduta seriamente dalla musa. Ha uno stile, Matrigna, una voce assai particolare, un’articolazione della prosa molto più interessante di quelli delle opere precedenti. Non so se il ritorno del rimosso di La più amata abbia sbloccato qualche cosa o abbia catalizzato una qualche maturazione profonda, ma ora negare che Ciabatti sia una scrittrice (e non solo un fenomeno mediatico) diventa un’impresa disperata. Non la migliore scrittrice italiana, come farneticava qualcuno nei giorni precedenti la proclamazione del vincente dello Strega; però una scrittrice degna di nota, quello sì. E se allo Strega avesse concorso con questo romanzo, non avrei proposto, come feci l’anno scorso, l’ex aequo.
Infine: è un romanzo che attinge alla cronaca. Anche alla televisione del dolore. Ma soprattutto è un romanzo che esce dal precedente Mondo Ciabatti (quello dei ricchi infelici) e approda al mondo del restante 99%, e in modo abbastanza convincente. Unico neo, il prezzo dell’utilitaria; ma si può perdonare, e magari emendare in una futura ristampa.