Igort / Luce sul buio di una sporca guerra

Igort, Quaderni ucraini. Diario di un’invasione, un reportage disegnato, Oblomov Edizioni, pp. 168, euro 20,00 stampa

Una sporca guerra. Dalle prime parole sentite la mattina del 25 febbraio 2022 al buio pervasivo dei mesi successivi. Igort immerge la sua arte, da sempre visionaria, nella cruda realtà della cronaca. Igort ora sente il freddo dell’inverno penetrargli nelle ossa, non basta più l’amore per la letteratura e la musica russa, non bastano i racconti della nonna che fecero crescere Igor bambino. Gogol’ mischiato a Kafka s’impiastricciano in giornate che sgomentano, al tuono dei cannoni e nella polvere grigia dei palazzi sbriciolati. L’invasione dell’Ucraina è cominciata. Sono i russi a compierla. Putin, l’artefice. Al telefono le voci sotto assedio spingono la mano a scrivere, disegnare, testimoniare.

Giorno dopo giorno le storie personali si susseguono, il diario si riempie di volti e suoni oltrepassanti le frontiere, ci raggiungono col vento e con le immagini che valorosi giornalisti lanciano nell’etere, e che Igort – risoluto, severo – traccia sulla carta. Una nazione si trasforma in campo di battaglia, le tavole raccolte in Quaderni ucraini diventano più buie e oscure, pagina dopo pagina, seguono lo stato d’animo dell’artista, i colori si fanno lividi, il pennino traccia con sempre maggiore precisione la sagoma dei carri armati russi, anche quando vengono catturati e trascinati via dai trattori guidati da chi resiste. Il pennino rivela i volti di donne e uomini e soldati, li rende storici fra i cumuli di macerie e polvere, mentre il racconto quotidiano si fa strada fra sgomento e precisioni strazianti, man mano che i giorni e le notti trascorrono nel tuono dei bombardamenti. Nomi bellissimi, di città, villaggi, territori, e persone d’ogni età, diventano familiari: Mariupol, Dnipropetrovsk, Kharkiv, Bucha, Irpin, si precisano nelle nostre menti e ci rendono concordi, afflitti mentre le popolazioni ucraine vengono cannoneggiate dall’“operazione speciale” scatenata da Putin.

Igort disegna i suoni, la disperata reazione degli Ucraini, racconta ricordando fatti avvenuti anni addietro e passati nel silenzio dell’Europa occidentale, nel colpevole silenzio nostro perché i confini d’Est a noi sono sempre sembrati lontani, sconosciuti e incomprensibili. Igort questi confini li lancia sulle nostre teste, un compito gravoso ma ben più leggero di quanto accade duemila chilometri più in là. Rassicurare, in quei giorni, è per lui mentire. Perché quel che vede, sente e legge, sa che sarà arduo trasformarlo in breve tempo in una cessazione della guerra. I simboli hanno definitivamente mostrato la loro vera faccia. Fatta di crimini, e cruenta volontà imperiale.

I disegni non si girano dall’altra parte, documentano, presentano l’anima messa a nudo di chi sa che né sguardo né parole devono tacere. Scheletri di blindati saltati in aria, corpi freddi stesi a terra, corpi carbonizzati, famiglie intere sterminate. E i segni russi, le Z tracciate ovunque. Nessuno sa quanto durerà, mentre frammista ai missili potrebbe spandersi la radioattività diffusa da una centrale atomica danneggiata. È settembre, il libro va in stampa e la sporca guerra continua, guerra d’artiglieria novecentesca, ma i morti e i feriti hanno tutti i tempi del mondo, così i sei milioni di profughi. Igort ha scritto, trascritto, narrato, disegnato, e probabilmente non ha ancora smesso. La sua gratitudine conclude il Diario: a tutti coloro che camminando fra le macerie e sotto le bombe ci hanno aiutato a comprendere meglio, “a dare luce a storie che altrimenti rimarrebbero invisibili”.