Pulp Magazine annuncia i librini di Pulp Magazine. Può sembrare una follia o un gesto di estrema presunzione in un mercato come quello italiano dove nell’ultimo anno sono stati pubblicati 48.432 nuovi titoli (-2,2%, fonte Istat), cioè all’incirca uno ogni 500 lettori o lettrici. E noi non siamo pazzi (non fino a questo punto, almeno).
I librini di Pulp sono infatti solo il complemento del “lavoro culturale” che già svolgiamo ogni giorno, scandagliando le uscite editoriali e provando a interpretare tendenze che attraverso di queste si riversano nell’immaginario sociale agito da noi tutt*. Sono, soprattutto, uno strumento agile e gratuito, disponibile in formato digitale, da leggere su smartphone, tablet o su computer, a casa o sui mezzi pubblici, sottraendo al massimo un’ora di lettura al proprio tempo di vita. Sono, in pratica, librini digitali attraverso i quali proporremo testi e materiali inediti o non più in circolazione. Isole nella rete, emergenze di un pensiero o di una narrazione che, guardando alla contemporaneità da angolature fuori sincrono o fuori fuoco, proprio grazie a questa indispensabile sfasatura critica si rendono poi davvero contemporanei.
Così, Come amare una patria, il primo ebook della collana, affronta, in tempi di riaffiorante nazionalismo, il tema di un’appartenenza non identitaria dal punto di chi ha fatto del nomadismo intellettuale la chiave della propria esistenza. Luoghi, affezioni, memorie, sentimenti di una geografia psichica che riaffiora dalla superficie di una quotidianità che considereremmo altrimenti banale o cupa. L’autrice, Oxana Timofeeva, nata in Siberia, è oggi una delle voci emergenti del panorama filosofico europeo. Fra i suoi libri: Solar Politics (Polity 2022), History of Animals (Bloomsbury 2018), Introduction to the Erotic Philosophy of Georges Bataille (Moscow: New Literary Observer, 2009). Qui una nostra intervista all’autrice.
Nel decennale della scomparsa di Antonio Caronia (1944 – 2013), autore noto ai lettori abituali del sito e collaboratore della rivista originale “Pulp”, pubblichiamo adesso L’inconscio della macchina e altri scritti, a cura di Loretta Borrelli e Fabio Malagnini. Antonio Caronia è stato uno dei primi studiosi ad essersi occupato in Italia di tecnologie e in particolare di tecnologie digitali. Il suo approccio inconfondibile lo porta già a partire dalla fine degli anni ’70, con la rivista “Un’Ambigua Utopia”, a decodificare i processi sociali e le trasformazioni in senso postfordista delle società industriali, attraverso l’immaginario tecnologico e la lente fantascientifica di Philip K. Dick, James Ballard, Samuel R. Delany e più tardi degli autori Cyberpunk. Caronia ha teorizzato il “Cyborg” – a cui è intitolato il suo libro più noto – come la condizione ibrida e incarnata che l’umano, come animale storico, ha assunto al tempo presente del capitalismo avanzato. Filosofo, attivista, teorico di sociologia e di estetica dei nuovi media, da sempre insegnante, Caronia era scettico riguardo alla missione dell’insegnamento, fedele all’idea che i saperi non si trasmettono ma si costruiscono, attraverso pratiche comunque situate e trasformative.
Particolarmente rilevante, data la crescente diffusione delle intelligenze artificiale e dei Large Language Models nella nostra “vita di piattaforma”, la sua visione della virtualità e della macchina digitale che qui proponiamo attraverso quattro brevi scritti. Caronia non parte infatti dalla tecnologia, per celebrarla o rifiutarla, ma dalle mutazioni dei corpi e dell’inconscio umano partorite dal disordine semantico dell’algoritmo, nella configurazione materiale della realtà.
Tra i suoi testi più noti ricordiamo: Il cyborg. Saggio sull’uomo artificiale (1985,2001,2008) Il corpo virtuale (1996), Philip K. Dick. La macchina della paranoia (con D. Gallo, 2006).