Un momento che segna la vita di molte donne è la nascita di un figlio. Molte, ma non tutte, come sa bene la protagonista di questo splendido romanzo che mischia storia e finzione con un equilibrio perfetto. Siamo nella Romania di fine anni Ottanta, percepiamo il disagio e la delusione di un popolo oppresso dalla dittatura di Ceausescu dietro ogni parola, tocchiamo quasi con mano tutta la povertà su cui si sono arricchiti i Compagni al potere. A infliggere un altro duro colpo poi, Ceausescu predispone una severa politica delle nascite secondo cui le donne con meno di quarantacinque anni e che non abbiano partorito almeno quattro figli non hanno il diritto di abortire. Ma fatta la legge trovato l’inganno, perché quando vieti qualcosa a qualcuno un escamotage lo si trova sempre. Soprattutto se la conseguenza è rappresentata da una bocca in più da sfamare.
Elena Cosma non è bellissima, ha un aspetto piuttosto mascolino, taglio corto come si usava all’epoca in città, e uno specchio in casa ce l’ha anche lei: un marito e tantomeno un figlio non sono previsti sul menu del suo destino. Purtroppo per lei, che con la sua tentazione più forte ci vive a stretto contatto tutti i santi giorni, lavorando come ostetrica in un ospedale a Bucarest. L’occasione fa l’uomo ladro quando Elena incontra Zelda, una splendida trentenne dai capelli rosso fuoco che le offre denaro in cambio di una promessa di aborto clandestino. Zelda ha da poco perso il marito e avendo già due figli non avrebbe di che sostentarsi con il terzo nascituro. Elena rispetta le leggi, ma qualche strappo alla regola in cambio di un lauto compenso l’ha fatto anche lei, per cui propone alla donna di donare il figlio che nascerà proprio a lei che di figli non ne avrà mai nonostante il forte desiderio.
Il patto è dunque stretto, ma Damian porta indelebile su di sé il marchio dell’inganno: ha i capelli di sua madre, quella vera. Elena è quindi costretta a trasferirsi in campagna per evitare malelingue e ripartire da zero. La città è lontana e così pure i controlli delle milizie e le leggi sul razionamento. Ognuno vive di quello che offre la terra ed è felice così. Siamo intanto nell’aprile dell’86, Elena si è fatta una posizione aprendo un orfanotrofio, ha un’automobile (privilegio raro) e una grande casa tutta per lei e Damian, ma da un giorno all’altro cambia tutto. L’esplosione della centrale nucleare di Chernobyl e le microtrasfusioni per curare i bambini deboli dell’orfanotrofio sono due bombe che scoppiano a distanza ravvicinata e che rimescolano in fretta le carte, lasciando in Elena un senso di colpa immenso per aver trasmesso così una malattia che inizia a far capolino e che sterminerà milioni di persone, l’Aids, e per l’impotenza nel contrastare le radiazioni e i loro effetti.
Liliana Lazar tocca con questo romanzo delle corde così importanti e profonde del cuore da lasciare il lettore quasi tramortito dall’onda di emozioni che lo travolge. La sua voce traspare chiaramente attraverso una scrittura tesa e asciutta consegnandoci un sentimento di rabbia e denuncia.