Hermann Broch / Hitler sulle Alpi

Hermann Broch, Il sortilegio, introduzione di Italo Alighiero Chiusano, tr. di Eugenia Martinez, Carbonio Editore, pp. 358, euro 19,00 stampa, euro 9,99 epub

Nel nostro strano rapporto con i classici, succede che leggiamo e rileggiamo sempre gli stessi autori e autrici, e di questi nomi, sempre gli stessi capolavori – e questo è un peccato, perché è vero che il classico è un passaggio irrinunciabile, una colonna portante nella costruzione della letteratura, è altrettanto vero che l’intelligenza narrativa dello scrittore non si esaurisce nelle vette della sua produzione: anzi, può essere che opere meno famose, precedenti o successive, affrontino argomenti da un punto di vista che ci colpisce particolarmente, che esso confermi o meno l’opinione che ci siamo fatti con il capolavoro.

Hermann Broch (1886-1951) ancora non si è elevato alle vette di notorietà degli scrittori ottocenteschi, ma lasciamo passare ancora qualche anno e ne riparleremo. È conosciuto soprattutto dai lettori “forti”, sia per la sua Trilogia dei sonnambuli (1931-32) che per La morte di Virgilio (1945); il libro che Carbonio editore ripresenta oggi nella sua bella collana di classici, è situabile come stesura tra i due precedenti, ma una prima versione è stata pubblicata soltanto postuma, nel 1952, come accaduto a non pochi autori e autrici di lingua tedesca travolti dalla tempesta nazista. Nell’intenzione di Broch, che voleva replicare il successo dei Sonnambuli, avrebbe dovuto essere il primo volume di una nuova trilogia, detta “di Demetra”; nella sua corrispondenza lo definisce “il romanzo della montagna”. Infatti è ambientato nell’immaginario villaggio di Kuppron sulle Alpi, una comunità agricola divisa tra un villaggio “di sopra”, non distante dalle vecchie miniere abbandonate, e uno “di sotto”, i cui abitanti si dedicano all’agricoltura. La storia è raccontata da un punto di vista unico, quello del medico condotto del villaggio, che si è praticamente autoesiliato lontano dalla città dove ha sempre operato, a causa di una storia d’amore finita male.

La vita a Kuppron procede con il ritmo lento delle stagioni, dei frutti della terra e del lavoro contadino, a malapena supportato da un principio di meccanizzazione, e dalla modernità di assicurazioni sugli eventi imprevedibili. Già nella prima scena, il dottore assiste all’arrivo di un personaggio che è il vero protagonista del romanzo: Marius Ratti, forse vagabondo, forse zingaro, forse italiano, un giramondo che trova ospitalità nell’unico tetto del paese che fa anche da locanda. Ci si aspetta che rimanga qualche giorno, il tempo di riposarsi; in realtà Marius riesce a influenzare la famiglia del suo ospite, si stabilisce come aiutante stagionale, fa colpo sulla quindicenne Irmgard, e poco per volta crea intorno a sé un cerchio di persone influenzate dalla sua personalità.

Perché Marius è un manipolatore, sa parlare, dice cose misteriose che risvegliano nella gente sentimenti che non sanno di provare. Scava nel profondo, lavora sull’irrazionale, illude soprattutto i giovani con il mito dell’oro da estrarre dalla montagna; ma è anche un luddista che mette in dubbio i vantaggi del progresso tecnologico che danneggerebbe lo spirito. Poco per volta la sua filosofia coerente e perversa penetra la coscienza del villaggio; indica capri espiatori, predica un contatto diretto con “la terra”, che secondo lui deve essere distolto dalle mani delle donne. È un nemico del femminile, che secondo la sua mistica maligna impedisce una connessione tra l’Uomo e la Terra.

Naturalmente, dietro la figura di Marius Ratti si nasconde Adolf Hitler, con la sua capacità di avvelenare la vita culturale e sociale della Germania. Il lettore assiste con un fremito impotente al dilagare di questa mistica disumana, incredulo per la facilità con cui Marius fa presa su persone che non si possono definire ingenue. Può sembrare una squisita invenzione letteraria, ma la storia di Broch riproduce con agghiacciante crescendo la perversione dell’idealismo tedesco in un sanguinario dominio dell’irrazionale, che ancora non ha terminato di esercitare la sua influenza su menti incapaci di reazione alla logica del male.