“Is it future or is it past?”: non ci potrebbe essere frase migliore di questa, pronunciata da uno dei personaggi più surreali di Twin Peaks, per introdurre questa recensione di Oceano rosso di Han Song. Il romanzo non è meno lisergico della serie tv partorita dalla mente di David Lynch, ma se volessimo trovare dei veri e propri riferimenti, Oceano rosso contiene ovvi ma tenui cenni al distopico futuro sottomarino di Waterworld, deboli echi da Angela Carter, Ursula Le Guin e Liu Cixin per lo sguardo retrospettivo e profondo sullo sviluppo delle civiltà, reminiscenze dell’allucinogena Trilogia dell’Area X di VanderMeer. Ma alla fine tutti questi riferimenti restano molto vaghi, e chissà quanti altri ne troveranno lettori con diverse sensibilità. L’opera è in realtà troppo unica per essere agilmente inserita in un casellario intertestuale.
Oceano rosso è da alcuni considerato il capolavoro di Han Song, uno degli autori più interessanti della fantascienza cinese. La narrazione si apre con la nascita di Stellamarina, protagonista e voce narrante: insieme a lui siamo dunque proiettati in un mondo subacqueo, apparentemente primitivo, dove gli esseri umani – ora una specie marina – sono costantemente alle prese con la morte per malnutrizione o uccisione da parte di predatori o piante acquatiche ostili, ma soprattutto dei loro simili. Il cannibalismo, metafora centrale della letteratura cinese da quando Lu Xun, nel 1918, la usò per rappresentare le coercizioni della società e della cultura, denota un mondo soffocato dagli istinti più barbari. Stellamarina, stupito anch’egli delle proprie intuizioni, si rende via via conto dell’assurdità di tutto questo e cerca di radunare una comunità pacifica e collaborativa per garantire la prosecuzione della specie. Il brusco passaggio da “Il nostro presente” a “Il nostro passato”, la seconda parte del romanzo, porta a un’accelerazione del ritmo della narrazione, con continui sbalzi cronologici. Se nella prima parte il tempo appariva illusorio, quasi senza valore, ora corre tanto da dare le vertigini. Se da una parte ci viene dato un contesto per spiegare alcuni fenomeni della prima parte, sopraggiungono altre domande.
Tutto si svolge nelle profondità di un immenso oceano di colore rosso. Rosso per il sangue di tutta quella violenza, o per scorie radioattive di un’ecatombe dimenticata? “Era la domanda senza dubbio più complessa e terrificante dell’universo”. Al di sopra la leggenda narra dell’esistenza di terre emerse, luogo la cui esistenza non è meno incerta di quella della Città Sottomarina che il protagonista si ripromette di trovare per mettersi finalmente al sicuro dai pericoli dell’oceano. La risposta a queste domande viene frustrata dalle allucinazioni che colgono i personaggi, in una costante e volutamente disorientante implosione spaziotemporale.
Oceano rosso è anzitutto una riflessione sulle sorti dell’umanità. Decisivo è il rapporto con i propri simili e con l’ambiente che ci circonda, sia esso naturale o sociale. Nella prima parte si assiste a una curiosa riproposizione della nascita dello Stato, in un passaggio dal cosiddetto “comunismo primitivo” a una società di raccoglitori, al formarsi dell’istituzione della famiglia, quindi dell’embrione delle istituzioni statali. La scelta di Han Song di anteporre “Il nostro presente” a “Il nostro passato” potrebbe essere un colpo da maestro per confondere i piani temporali – e quindi interpretativi. Il presente è barbaro, il passato è civilizzato, ma il presente ricomincia daccapo nel processo di civilizzazione, e il passato – essendo la seconda parte del romanzo – appare in controluce come un’inquietante anticipazione del futuro. In questa ciclicità, l’imbarbarimento non è ricordo del passato, ma “regressione nel futuro”. E qui Han Song aveva visto avanti, se si tiene conto che il romanzo è del 2018 ma anticipa un senso di angoscia per il futuro oggi generalizzato per effetto della crisi, delle guerre, della catastrofe ambientale. Più di una parola di plauso si meritano le traduttrici, Chiara Cigarini e Martina Renata Prosperi, per l’odissea linguistica che hanno attraversato nel decodificare questa esperienza di costante interrogazione di sé, della società e del tempo.