L’espressione “Ontologia Orientata agli Oggetti”, coniata da Levy Bryant nel 2009, deve la sua prima origine alla Filosofia Orientata agli Oggetti di Graham Harman: l’autore del presente volume infatti, già negli anni Novanta, aveva teorizzato un sistema di pensiero che, pur fondando le sue radici nel solco speculativo della lettura di uno dei più influenti filosofi del Novecento, Martin Heidegger, non solo si distaccava fortemente dalle filosofie europee dominanti, ma ne metteva in discussione le basi, in primo luogo quell’antropocentrismo che, per quanto ridimensionato – o meglio, camuffato – pareva rimanere il presupposto fondante del pensiero dell’uomo contemporaneo. Scrive Graham: “Abbiamo lanciato navicelle nello spazio, scisso l’atomo, decifrato il codice genetico. […] Ma tutti questi straordinari traguardi non rendono automaticamente gli esseri umani degni di occupare da soli il cinquanta percento dell’ontologia. Eppure è questo il verdetto emesso dalla filosofia moderna da Cartesio e Kant in poi; le loro idee, infatti, implicano che non si possa parlare del mondo senza l’uomo o dell’uomo senza il mondo, ma solo di un rapporto o di una correlazione primigenia tra questi due elementi”.
La OOO, in primis attraverso la sua rinnovata idea di “ontologia piatta”, che considera cioè alla stessa stregua tutti gli oggetti, umani e non umani, viventi e non viventi, “reali” e immaginari, si pone come uno dei suoi primi obbiettivi quello di abbattere ogni residuo di antropocentrismo nel pensiero contemporaneo, il quale – anche se negli ultimi decenni pare aver ammesso che l’idea dell’uomo al centro del mondo sia quantomeno anacronistica – non riesce tuttavia a scrollarsi definitivamente di dosso secoli di retaggi culturali che lo rendono artefice, se non del cosmo, quantomeno della sua conoscenza di esso.
Ecco perché è una buona notizia che sia finalmente arrivato in Italia, pubblicato da Carbonio con l’acuta introduzione di Francesco D’Isa, il manifesto programmatico della OOO, dal sottotitolo ambizioso: “Una nuova teoria del tutto”. L’opera consente al pubblico italiano di confrontarsi con le sfide di una nuova e articolata modalità di pensiero che diventa sempre più cruciale padroneggiare, data la velocità con cui vediamo da un lato il genere umano rimpicciolirsi davanti a un mondo che reclama la propria indomabilità (la pandemia e la crisi climatica ne sono due esempi più che lampanti) e dall’altro la crescita esponenziale dell’importanza di oggetti che si pongono come prolungamenti costitutivi dell’uomo.
Se restano indubbiamente dei punti aperti che la OOO fatica a colmare, è pur vero che il pregio essenziale di una nuova teoria filosofica non è dare risposte rassicuranti, ma porre domande, sollecitare il pensiero. E in questo, la OOO va dritta al punto: la crisi dell’antropocentrismo è a tutti gli effetti in atto, ma ciò non è un male, nemmeno per l’uomo spodestato che, riconoscendo che il mondo e gli oggetti esistono indipendentemente da lui, potrà finalmente allargare i propri orizzonti conoscitivi e salvaguardare ciò che non solo lo circonda, ma esiste e si relaziona al di fuori del suo raggio d’azione.
Un altro delicato e attualissimo punto toccato dalla OOO riguarda il fatto che secondo Graham la fisica, e più in generale le scienze naturali, non possano offrire una teoria unificata del reale. “A mio avviso” scrive, “la ‘teoria applicabile a ogni scala’ si può individuare esclusivamente nella filosofia”. E, sorprendentemente per i tempi in cui viviamo, non in una filosofia orientata alla scienza ma in un sistema di pensiero che privilegia – come forse mai era accaduto prima – l’estetica: “l’arte non è la produzione di conoscenza relativa alle cose, ma […] è essa stessa a creare nuove cose in sé”, poiché “i fenomeni estetici nascono ogni qual volta si viene a creare un divario tra un oggetto e le sue qualità”.
Non è un caso che Graham sia professore di filosofia presso il Southern California Institute of Architecture di Los Angeles: l’architettura (che “non dev’essere esclusa dalla sfera dell’arte per il semplice fatto di essere sempre legata a precise funzioni e finalità”) è il campo in cui più di ogni altro, al di fuori della filosofia, la OOO ha avuto riscontri, andando a minare l’egemonia dell’influenza di Deleuze e Derrida.
Su Derrida e sulla differenza tra il suo pensiero e quello della OOO, come sui suoi detrattori e sul confronto tra la OOO e le correnti filosofiche contemporanee più note, Graham spende pagine dal tono battagliero che rendono il presente saggio, oltre che un documento fondamentale per chiunque voglia approcciarsi a questa teoria, un testo vivo e capace di situarsi, tramite l’esattezza degli interrogativi che pone, come un punto di riferimento nel presente incerto in cui viviamo. E al lettore viene offerta, se non una bussola infallibile capace di guidarlo in ogni dove, una molteplicità di strumenti altrettanto necessari per evitare di ricadere dove chi ci ha preceduto è rovinosamente inciampato.