Per non essere troppo effimeri e dare il giusto spazio (da recensore, non da “critico”) a un libro come Codice Canalini (sottotitolo, attenzione, Ingrate patrie lettere!), e non sentirsi chiamare come impuro stimatore di testi (poetici e non), bisognerebbe abbandonare innocenza e vecchiaia, bisognerebbe raccogliere in volume un testo altrettanto ampio: in pratica allestire una imitazione di questo “Codice”, e perdersi nella complessità delle cose raccontate, alla faccia di sintesi e audacie di cui pentirsi. Essere stolti a tal punto mica conviene, meglio avere rapporti esistenziali con il lavoro di Giulio Milani, l’essere umano temerario (“agitatore culturale” si dice, o così si definisce), che guida da almeno un ventennio la realtà editoriale chiamata Transeuropa. Temerarietà e letteratura, binomio pericolosissimo almeno quanto scrivere e pubblicare una raccolta poetica capace di cambiare il mondo. Una volta ogni secolo, probabilmente.
La digressione porta in linea retta nelle idee che sono entrate in questo libro, generali e particolari, riuscendo a esporre senza troppo favoleggiare avvenimenti editoriali che iniziano (forse) negli anni ’80 e che vedono personaggi continuamente in viaggio, tra città diverse in treno e su automobiline ancora molto meccaniche: tutte cose che definiscono il famoso (intricato, crudo, semi-mistico) “Codice Canalini” di cui ci parla Milani. Quello che successe – complesso, tragico e divertente – è tutto in queste 300 pagine che non ci pensano nemmeno di lasciarci tranquilli, e che invece ci assaltano con evidenze molto serie. Tali sono, se non lo si sapesse, i furori editoriali di quegli anni. È tutta una misura che molti immaginano, ma che pochi conoscono. La misura che dovrebbe definire un tipo come Massimo Canalini, punk delle lettere, guru e miscelatore furibondo di scritti altrui. Massimo ci ha lasciati nel settembre scorso, dopo qualche decennio trascorso come modellatore di libri e altresì di autori. Under 25, Pier Vittorio Tondelli, Enrico Brizzi (Jack Frusciante è uscito dal gruppo smuove ricordi e commozioni a qualcuno di nostra conoscenza?), la fondazione nel 1979 ad Ancona della casa editrice Il lavoro editoriale e, nel 1987, di Transeuropa. Un fondatore di mondi, con tutto ciò che ne consegue: protezione degli autori, strategie utili o fallimentari, denaro, schianti e successi clamorosi, attacchi alla prostituzione di mercato, vessazioni, riscritture sbalorditive d’interi romanzi, crudeltà e innamoramenti, copertine memorabili di libri che si spargono in quei decenni smuovendo coscienze molto giovani e speranzose.
Non bastano elenchi arbasiniani per descrivere quella stagione per intero inventata da Canalini, perfino questo libro di Milani potrebbe considerarsi sobrio rispetto alla dismisura di quanto accaduto. Ma c’è di mezzo la biografia con tutti i suoi valori particolari, e poi possiamo dire – e diciamolo – che Giulio è un sentimentale, lo si capisce da come guarda i libri e gli autori, da come utilizza la propria prosa per sollevare dalla pagina gli scrittori a cui Canalini si dedicava con impegno totale e spesso straziante. Qualcuno aveva sempre ragione, da quelle parti, di indizi e eccentricità Codice Canalini è pieno, almeno quanto l’uomo che (e questa è una verità) per un bel po’ ha cambiato, insieme a Tondelli, la storia della narrativa italiana. Erano tempi non digitali, tempi la cui bellezza si è perduta per sempre. Come non essere sentimentali? Il libro era una questione di “corpi”, non di frame digitali. Editare, come l’intendeva Canalini, trasportava tutti in una sorta di pièce shakespeariana a cui non ci si poteva sottrarre.
Oggi sfogliamo Codice Canalini e ci arrivano addosso le parole di una lingua circolante, corporale come sa esserlo la letteratura che sta al centro fra diletto e comprensione del mondo attraverso una lingua non pretenziosa. Frammenti riuniti di un mondo, non l’allestimento di una mitologia. Se mai si tratta di un metodo che ancora crediamo possa mettersi di traverso alla pigrizia intellettuale attualmente circolante fra autori, editori e lettori. Piace pensare che questo “romanzo” di Milani probabilmente Canalini non lo avrebbe editato, come suo solito, trasformandolo in qualcosa di diverso: gli sarebbe andato bene così com’è. Ma essere smentito, è pur sempre una possibilità.