Giorgio Manganelli / Dal suo spazio psichico

Giorgio Manganelli, Il vescovo e il ciarlatano. Inconscio e letteratura: l’incontro con Ernst Bernhard, cura di Emanuele Trevi, Sellerio editore, pp. 185, euro 14,00 stampa, euro 9,99 epub

Ernst Bernhard, psicanalista junghiano, e il diventato quanto nato scrittore Giorgio Manganelli si frequentano a Roma alla fine degli anni Cinquanta. Il bisogno di andare in analisi del “Manga” passa attraverso l’amicizia con Cristina Campo che era una paziente di Bernhard. I colloqui preliminari vanno bene, non avere un soldo in tasca per lo scrittore non sembra problematico, fare due chiacchiere non presuppone, per l’allievo di Jung, istituire un credito. Manganelli ha bisogno di sentire avallata la sua predisposizione al mentire. Dal lavoro critico degli anni Cinquanta e dei primi Sessanta – come precisa Emanuele Trevi nella postfazione al Vescovo e il ciarlatano, di gran lunga una delle più intelligenti vedute letterarie (datata 2001) intorno alla figura del nostro – nasce nel 1967 il famoso La letteratura come menzogna. Quando il sovrapporsi di caso, ironia, bizzarrie e intelligenze biografiche – sarà mica un caso – generano esemplari “fuorinorma” di cui non si può fare a meno.

Da Hilarotragoedia a La palude definitiva esiste una totalità di intenti psichici che vantano una fuga interminabile dalle comuni e solite tre dimensioni. Bernhard fa scoprire a Manganelli che lo spazio psicologico è multidimensionale, da cui derivano irritazione e fatica nel muoversi lì dentro. Probabile che da queste insidie nasca la lingua che poi userà Manganelli: come asserisce nella conversazione con Caterina Cardona (trascritta all’inizio di questo libro), proprio da Bernhard proviene l’idea che la letteratura sia una “sorta di superstizione”, di fatto più seria della fede rinunciando alla verità con il recupero della casualità. Per Manganelli, Jung dice delle sciocchezze quando parla di letteratura, ma le cose si fanno molto interessanti quando parla di sogni e alchimia: “Jung è pasticcione, ed è straordinariamente importante che lo sia”, e ha “il tocco magico del ciarlatano”. Convinto da Cristina Campo, Manganelli abbandona la sua idea di avere un’immagine coerente, e unica – seguendo l’analisi freudiana. Bernhard rompe questa idea, gli fa capire quanto molteplici siano le autobiografie, e che “la strada giusta è fatta da un’infinità di strade sbagliate”.

Tra la Conversazione e lo scritto di Trevi, possiamo leggere un centinaio di pagine che raccolgono testi eterogenei di Manganelli apparsi in varie epoche su quotidiani, periodici e libri. Vi si ritrova il metodo spettacolare di recensore a cui siamo avvezzi, l’illimitata frequentazione di saggistica, reportage, taumaturgia e nobili recuperi, senza che mai sparisca quell’aura di follia programmatica e burlona nonostante ogni legge linguistica sia al suo posto. La biblioteca manganelliana si aggiorna ancora una volta, editando e rieditando il nostro mondo in una ennesima e ulteriore dimensione.