Giordano Vecchietti, anconetano classe 1959, è un profondo conoscitore della realtà e della cultura cilena. I suoi frequenti viaggi e permanenze nel paese sudamericano gli hanno permesso di approfondire le sue conoscenze e destreggiarsi con estrema familiarità in un territorio ai nostri antipodi. Non a caso, nel suo precedente romanzo, Generazione desaparecida, narra la storia di José, simbolo di una intera generazione colpita dal colpo di stato di Pinochet dell’11 settembre 1973 mettendo a fuoco la ferocia e la drammaticità di un periodo storico tra i più oscuri del secolo scorso. Anche in questo caso l’autore torna in Cile, ma stavolta parte dalla fine dell’Ottocento, seguendo le gesta di Pio Marinelli, un medico anconetano costretto all’esilio per la sua lotta in difesa e per la rivendicazione dei diritti dei più deboli.
Alla fine di quel secolo Ancona è una città pericolosa, centro di movimenti rivoluzionari socialisti e anarchici: Marinelli è il medico della classe meno abbiente, dei pescatori e degli operai, e nel suo ambulatorio cura le persone senza far pagare alcun onorario. Il nonno Augusto, anarchico convinto, lo ribattezza Ideale per celebrare la Comune Internazionale di Parigi: il nome Pio gli era stato “imposto” da uno zio prete. In città il malcontento è forte e la rivolta, nel 1898, scoppia dopo il rincaro del prezzo del pane.
Ideale viene catturato insieme ad altri dimostranti davanti al Comune: è un uomo pericoloso, che mina le fondamenta di un sistema che si basa sul capitale e dopo un inutile tentativo da parte della polizia di portarlo dalla propria parte viene fermato. Ma il medico del popolo, durante il suo trasferimento in carcere, viene liberato da un blitz dei rivoltosi: è un personaggio benvoluto per il suo impegno contro i soprusi dei potenti e la gente non vuole perderlo. La città però non è più sicura per lui, per cui i capi delle organizzazioni anarchiche organizzano la sua fuga e da qui comincia il viaggio verso il Sudamerica dove, tra traversie e difficoltà, continuerà la sua opera di aiuto agli indigenti.
Nostra patria è il mondo intero, il cui sottotitolo è Diario di un “sovversivo” da Ancona al Sudamerica, più che un’autobiografia romanzata è l’epopea di un uomo che ha combattuto per tutta la vita in favore di uguaglianza e giustizia. Passando per Bologna, dove conosce Ines, il suo grande amore, si imbarca da Genova per l’Argentina e da qui, a dorso di mulo, aiutato da compagni in contatto con i comitati italiani, valica le Ande per arrivare, finalmente, in Cile, a Valparaíso. Anche qui, dopo aver organizzato con Ines un ambulatorio medico popolare, si scontra con le accuse di essere un medico ciarlatano al soldo degli anarchici, un agitatore, e di voler sconvolgere l’ordine costituito. Ma la popolazione è sempre dalla sua parte vedendo in lui una delle poche speranze di emancipazione dallo sfruttamento. Ideale e Ines organizzano ambulatori in diverse parti del paese, ma il 16 agosto 1906, mentre si trovano a Valparaíso per la conferenza nazionale degli ambulatori popolari, un tremendo terremoto della durata di alcuni minuti distrugge la città e imprime una svolta radicale alla vita del protagonista. Sotto le macerie centinaia di persone, i richiami di aiuto dei sopravvissuti, si scava a mani nude per cercare di salvare qualche vita. Ma l’esercito, mobilitato per evitare che la conferenza non si trasformi in un moto di ribellione, più che appoggiare i soccorsi è impegnato a mantenere l’ordine e per questo non esita a fucilare sul posto chiunque tenti di appropriarsi di beni primari per la sopravvivenza.
C’è molto altro in questo romanzo che non è il caso di svelare per non compromettere il piacere della lettura: tra l’altro la vicenda si concluderà in Europa nel 1938, dove Marinelli si trasferisce – nonostante l’età – come volontario medico del Fronte popolare di Spagna durante la guerra civile contro il generale Francisco Franco appoggiato dalle forze reazionarie europee. Un documento importante, la ricerca storico-sociale precisa e puntigliosa dell’autore restituisce tutta la drammaticità dei fatti, l’ambientazione è resa realistica dalla profonda conoscenza dei luoghi in cui si svolgono le vicende e l’atmosfera è sempre carica di pathos e trasmette quel senso di ineluttabilità e impotenza a cui non dovremmo abituarci. Denunciare i soprusi del potere, tenere viva la memoria rispetto alla crudeltà del capitalismo e non dare spazio all’indifferenza, la maggior complice del totalitarismo, è forse l’unica via di resistenza possibile in questo momento storico. Al di là del valore oggettivo del documento, la narrazione è forse svolta troppo freneticamente, un flusso di coscienza senza soluzione di continuità che imprime al racconto un ritmo a volte sopra le righe. In alcuni casi l’autore sembra indugiare troppo sui particolari, ma sono scelte che non inficiano un testo che racconta uno dei momenti più drammatici della nostra storia che è molto più attuale di quanto dovrebbe essere.