Gina Berriault / Donna, moglie e madre

Gina Berriault, Il Figlio, tr. Nicola Manuppelli, Editore Mattioli 1885, pp. 134,  euro 13,90 stampa

Gina Berriault torna in libreria con questa terza uscita per Mattioli 1885, editore di Fidenza da sempre alle prese con un catalogo ampio e di grande respiro, e responsabile dell’introduzione in Italia di scrittori di grande qualità come Andre Dubus, Irwing Shaw, A.B. Guthrie e altri. Il terzo libro proposto da Mattioli della Berriault è un romanzo, dopo le raccolte di racconti Piaceri Rubati (postumo del 2011 e pubblicato in Italia nel 2018) e Donne nei loro letti (1996, Italia 2019), con il quale l’autrice ha vinto il premio Pen/Faulkner per la narrativa nel 1997.

La traduzione di Nicola Manuppelli ci trascina in poche pagine nella mente e nella vita di Vivian, giovane donna alle prese con il primo matrimonio con Paul, anche lui giovane e altrettanto irresponsabile, con il quale la protagonista pensa di avere un bambino per rinsaldare un rapporto nato incrinato. Il bambino arriva, David, e rimarrà l’unica costante nella vita di Vivian.

Provenendo da una famiglia benestante, come tanti altri personaggi di vari romanzieri statunitensi, Vivian non ha la necessità di lavorare per sopravvivere, accettando di cantare in un night non tanto per la paga, quanto per la possibilità di incontrare altre persone, in particolare altri uomini.

Emerge dalle pagine una sinistra vaniloquenza, a tratti eccessiva, con la quale la protagonista giustifica le proprie scelte scellerate, l’ambizione di trovare un grande amore senza rinunciare a niente di se stessa, la volontà di irretire, ammaliare e sedurre tutti gli uomini che le passano davanti agli occhi. Attenzione, non si tratta della ricerca del piacere carnale, che anzi a tratti viene rifuggito, quanto della solidità di un uomo che possa elevare Vivian dal proprio rango a qualcosa di più, a qualcosa di socialmente accettabile e lodevole.

I fallimenti di Vivian come donna, moglie e madre, si susseguono fino alla conclusione, andando a minare soprattutto il rapporto con il figlio David, sempre al centro dei tentativi di seduzione della madre, tentativi di possedimento con un epilogo tutt’altro che scontato. È proprio il figlio a subire le scelte sbagliate della donna, una donna egoista e miope che l’autrice non ci nasconde e non nasconde dietro a scuse puerili o strampalate, quanto inserita in un sistema di pensiero ampiamente psichiatrico. Il narcisismo emerge per lunghi tratti, e questo aspetto della personalità di Vivian va a condizionare e a colpire gli uomini che frequenta e spesso sposa, minandone la sanità mentale. La scena di immaginaria seduzione nei confronti di un compagno di scuola di David è in tal senso emblematica.

L’arte di Gina Berriault riesce a rendere su carta un personaggio sfaccettato e potenzialmente reale, restituendo al lettore una vita ben poco edificante perché vittima della propria visione distorta del mondo. L’analisi del personaggio non ha cedimenti e, benché la forza dell’autrice sia più spesso incanalata in racconti di grande gusto, anche nella prova lunga del romanzo il talento non viene scalfito dallo sforzo maggiore in termini di pagine e caratteri.

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