Gianluca Morozzi. Quando il genio, oltre al mistero, si rivela solo alla fine

Gianluca Morozzi, AndromedaGiulio Perrone Editore, pp. 242, € 15

Gianluca Morozzi è un genio dei finali. Qualunque storia racconti in un suo romanzo, basta dargli fiducia: arrivati all’ultima pagina la lettura non deluderà nessuno. Si tratta anche di un autore molto prolifico, che a monte di una produzione letteraria davvero impressionante ha finito col costruire un suo universo narrativo, alla stregua di uno Stephen King che anziché abitare nel Maine, trasformandolo nel teatro principale della maggior parte delle sue trame, abita a Bologna. Città che ama e che racconta un pezzo alla volta.

A proposito di pezzi ne sa qualcosa Dimitri, ostaggio del protagonista anonimo di Andromeda, che dalle prime pagine ci viene presentato nella veste di un feroce aguzzino, pronto a fare a pezzi la sua vittima e, tuttavia, pronto pure a desistere dai propri sanguinari intenti. A condizione che Dimitri ricordi e pronunci il suo nome.

Il protagonista ci tiene a fare in modo che la vittima abbia tempo per pensarci e inizia, dapprima febbrilmente poi in maniera sempre più sciolta, a raccontargli tutta la storia, fino al momento che ha condotto entrambi a un confronto tanto drammatico e – apparentemente – irrazionale.

Tutto sembra infatti cominciare da molto lontano, fra i banchi di scuola e, prima ancora, dall’infanzia del protagonista, luogo per niente fatato, dove i ricordi personali si sommano ai principali fatti di cronaca degli anni Ottanta. Meritano a tal proposito un particolare plauso le pagine riguardanti la tragedia del piccolo Alfredino Rampi, accidentalmente precipitato in un pozzo artesiano e morto laggiù, nonostante i numerosi tentativi di salvarlo dalle profondità dell’abisso che l’aveva inghiottito.

Un plauso particolare in quanto Morozzi è seguito anche da un pubblico giovane che, per ragioni di età anagrafica, non necessariamente rammenta il fatto, nonché la lunga, interminabile diretta televisiva condotta da Bruno Vespa sul posto. Un esperimento mediatico fino ad allora privo di precedenti e dall’impatto psicologico devastante. Chi è coetaneo all’autore, difficilmente ha dimenticato ancora oggi la voce del bambino che parlava del buio, del freddo, e poi, d’un tratto, taceva per sempre.

La narrazione si sposta più avanti, introducendo il personaggio di Rocco Siderno con l’indiscussa importanza che avrà nello svolgersi dei successivi eventi. Un perfetto cretino, sembrerebbe in prima analisi, un adolescente che caldeggia il sogno di fare l’attore e che si atteggia a gran “sciupafemmine”. Col passare degli anni la solfa non cambia, sebbene almeno una delle decine di donne che il nostro millanta di possedere in mille modi, assuma una consistenza reale nella figura di Alina: di fatto la classica storia di un’estate, nulla di che, i sogni di gloria di Siderno non lasciano troppo spazio ai sentimentalismi. Atteggiamento tutt’altro che condiviso dall’io narrante del romanzo, più incline a mantenere un profilo basso e attratto fatalmente dalla nuova conquista dell’amico. Che sull’amicizia, per lo meno, ha le idee ben chiare: un torto a un amico lo si perdona, due no.

Inutile sottolineare a questo punto che fra il protagonista e Alina nascerà una storia d’amore, che a differenza di quella con Siderno presenta da subito sfaccettature più ampie e tendenti alla lunga misura, rispetto a un amorazzo estivo. Così com’è inutile sottolineare che Siderno non la prenderà benissimo, ma finché alla lista dei torti non se ne aggiungerà un secondo farà buon viso a cattivo gioco.

Perché sottolineare questi aspetti? Perché fino a qui Dimitri non ha affatto ricordato il nome del suo aguzzino – e il suo aguzzino, fra un capitolo e l’altro, fra un ricordo e l’altro, s’è messo all’opera. Ma, soprattutto, fino a qui neppure il lettore ha compreso cosa c’entri Dimitri in tutto questo, né per quale motivo una persona sensibile e tutto sommato di buon carattere possa diventare così assetata di sangue e di vendetta come il protagonista di Andromeda.

Ed è proprio a questo punto della lettura che si scatena senza riserva alcuna il genio creativo di Gianluca Morozzi, ribaltando completamente ogni elemento narrato in un fuoco d’artificio di colpi di scena, che mozzano il fiato e sopprimono qualunque dubbio rimasto aperto. Tranne uno, forse. Ma, alla fin fine, com’è che si chiama, il protagonista?…