Nei primi anni Settanta la Guerra Fredda era al culmine e l’Italia, uno dei luoghi strategici dell’Europa occidentale, era tenuta sotto stretta sorveglianza dalle due superpotenze protagoniste del conflitto. Da un lato la CIA foraggiava la DC per tenere lontano il PCI dal governo del Paese, dall’altro l’Urss finanziava il PCI per renderlo sempre più forte. Erano gli anni in cui i gruppi extraparlamentari a sinistra del Partito Comunista avevano un buon seguito, gli anni delle prime manifestazioni di piazza, dei servizi segreti deviati che si avvalevano degli eversori di destra operando attentati per destabilizzare il Paese, con le Brigate Rosse che colpivano le istituzioni e i loro rappresentanti per sovvertire lo Stato e il Vaticano che continuava ad accumulare ricchezze inestimabili e potere. E si ipotizzava il sorpasso del PCI sulla DC alle successive elezioni. La situazione era molto effervescente, per usare un eufemismo.
Il tesoriere è un romanzo importante sia per chi quegli anni li ha vissuti, permettendo di entrare più in profondità nella situazione dell’epoca, ma anche un documento importante per chi in quegli anni non c’era. Se dovessimo spiegare ai giovani le dinamiche di quel periodo storico, forse il punto più alto della Prima Repubblica, credo ci troveremmo in difficoltà a riassumere anche solo i fatti salienti. Gianluca Calvosa riesce a farlo raccontando una storia piena di particolari veramente accaduti, di cui non fa mai menzione specifica ma riconoscibili per chi quei tempi li ha vissuti. Non mette niente di proprio, mantenendo un’oggettività adeguata a far valutare al lettore lo stato delle cose.
Andrea Ferrante, piccolo funzionario politico del Partito Comunista che svolge la sua attività a Milano, viene improvvisamente chiamato a Roma come tesoriere. È uno dei ruoli più importanti, ma la soddisfazione di aver raggiunto una posizione di prestigio è mitigata dalle difficoltà che incontra. Il precedente tesoriere è stato trovato morto, probabilmente assassinato, e lui dovrebbe essere il traghettatore che porterà il partito a una completa autonomia dai soldi dell’Unione Sovietica. Si parla di compromesso storico, cosa che piace a pochissimi: gli Usa non vogliono un governo appoggiato dalla sinistra in Europa, L’Urss non vuole che la propria ingerenza nel Partito Comunista finisca e i gruppi extraparlamentari vedono il compromesso come la fine delle speranze di cambiare radicalmente il Paese.
Gli affari loschi piano piano vengono a galla, e nessuno ne è escluso: politici che vogliono che le cose non cambino, sia da una parte che dall’altra, per paura di perdere privilegi e potere, faccendieri ammanicati con la criminalità organizzata per avere la propria parte di quel fiume di denaro, alti prelati che cercano di avvantaggiarsi dalla lotta politico-sociale che è scoppiata.
Calvosa mette in piedi una storia credibile, servendosi, come già detto, di fatti reali e romanzando la storia dei protagonisti presentandoceli con tutti i loro pregi (pochi) e difetti. E l’intera famiglia di Ferrante, sia la moglie sia il figlio, avranno un ruolo centrale. Un romanzo che si legge agevolmente, che cattura il lettore in una serie di colpi di scena senza soluzione di continuità sempre funzionali alla trama. Lo stile è scorrevole e semplice ma mai banale, il ritmo è omogeneo e senza cadute di tono. Un libro interessante e utile, un documento che approfondisce un periodo storico dell’Italia non ancora trattato adeguatamente.