L’America dell’Undici settembre, e con essa il mondo, devastati dal crollo delle torri quando la freccia del tempo assume l’aspetto di due aerei dirottati dai terroristi di Osama Bin Laden e fatti schiantare sulle Twin Towers. Il romanzo di Giancarlo Marinelli inizia il giorno precedente, quando Konstantin Petrov, esule estone che lavora come elettricista al centoseiesimo piano della Torre Nord, ospite di un vecchio cieco, scatta immagini fotografiche notturne concentrandosi su minuscoli particolari osservabili da lassù. Le strade piene di luce viste dall’alto sembrano contenere stelle, e Konstantin le cattura con la sua Baby Pat digitale attraverso le vetrate del Windows On The World, per avere meno paura delle lunghe notti americane sull’Occhio del mondo: New York. Quelle vene dorate impresse nelle foto gli fanno capire che i suoi scatti non sono inutili: non soltanto documentano i movimenti della ragazza (la “signorina” a cui si rivolge, parlandole a voce alta per sfuggire ai fantasmi) a Central Park, ma catturano stanze, corridoi, bagni di un luogo verticale, altissimo e chiuso. Da tutto questo prendono corpo storie di uomini e donne celebri, o sconosciuti, poco prima che la devastazione abbia inizio e durante il suo compimento, quando lo spazio-tempo coagula in immane massa di onde sismiche, fumo e cenere, fogli di carta e materia umana polverizzata. NY, 08.46 AM.
Marinelli dispiega la sua prosa rapida e serrata in capitoli segnati da snodi orari, dando voce a personaggi decisivi che vivono colpiti dagli avvenimenti senza capire o che capiscono quando è troppo tardi e la vita finisce in un’impareggiabile increspatura della Storia. Michal Judge, il padre francescano appassionato di pompieri, torna sui suoi peccati e resterà nei piani alti della Torre Nord assistendo i vigili del fuoco feriti fino al momento in cui viene colpito dai pezzi della Torre Sud collassata, prima salma (quasi intatta) a essere recuperata. Lo scrittore e drammaturgo Harold Pinter, resta invischiato nel suo discorso violentissimo contro gli USA (“stato canaglia”) durante il conferimento della laurea honoris causa all’Università di Firenze. Le parti a lui dedicate da Marinelli sono una pièce teatrale ridondante fra rimorso e seduzione letterario/sessuale. Alia Ghanem, madre di Osama Bin Laden, attende il figlio nel deserto afghano in piena risolutezza e muso duro, inutilmente, mentre il nemico si avvicina al di là dell’Atlantico.
Gli eventi esplodono nell’ultima parte del romanzo, Zero, quando nel “teatro vivente” irrompono – segnati da immagini total black – il presidente George W. Bush, l’incontrollabile moglie Laura, la stralunata Condoleezza Rice, consigliere per la sicurezza nazionale insieme allo staff presidenziale, Dick Cheney, Donald Rumsfeld. E soprattutto il colonnello Cindy Wright che probabilmente dissuase Bush, a bordo dell’Air Force One, dallo sganciare l’atomica contro Afghanistan, Iraq, Pakistan e paesi affini. Condoleezza ammira Cindy, tanto che questa relazione (e tutto il resto) – scrive l’autore – meriterebbe uno di quei filmoni in cui Spielberg (ma anche, e di più, Kathryn Bigelow) sa dire la sua. Memorabile. Capitoli concitati e impressionanti da cui sembra emergere la polvere bianca di quell’ora, una sorta di neve appiccicosa forse ancora circolante, dopo vent’anni, nell’alta atmosfera. È qui che 11 trova la sua vena più epica e commovente, capace di riunire e intrecciare storie private e pubbliche, effetti romantici e televisivi, cronache terrificanti e giallo-rosa in un panorama statunitense devastato o asettico come lo Studio Ovale alla Casa Bianca.
Di seguito a Ground Zero c’è After, il rumore umano del dopo in Altri giorni di settembre e ulteriori anni: Kissinger cita impassibile il Joker Andreotti, qualcuno sorvola sulle gesta di Levinsky e Clinton, per quest’ultimo “sputtanato” quasi una manna, Condoleezza mai considererà Cindy un’avversaria, Ghanem nel deserto ripensa al male che suo figlio Osama le ha impartito, Pinter si chiude in un silenzio beckettiano risvegliandosi ogni mattina con l’euforia del Nobel dopo le spacconate antiamericane. E Judy Melinek, medico legale, inginocchiata a Ground Zero a raspare fra “cumuli di corpi, sangue e polvere” ripensa a come lei si ritrovi messaggera designata di quei resti immersi nel caos.
Marinelli come nessuno ha trattato l’11 Settembre nella sua cronaca temporale e mentale, bloccando uomini e donne nella parte assegnata, per caso o per obblighi diretti, seguendo conflittualità, strutture ed effetti comunicativi di un testo drammaturgico già consumato. Teatro vivente, s’è detto, dove la paura atomica viene modificata all’alba del nuovo secolo in altra gerarchia del terrore.