A distanza di sedici anni dalla prima edizione, la casa editrice Voland ripropone Romanzo naturale, opera d’esordio del bulgaro Georgi Gospodinov (traduzione a quattro mani esplicitata in copertina), complice anche il successo di Cronorifugio sempre edito Voland, vincitore del Premio Strega europeo 2021 e dell’International Booker Prize nel 2023.
Definire geniale questo libro, la cui prima pubblicazione in Bulgaria risale al 1999, è un po’ riduttivo perché, al contempo, è ricco, complesso, variegato e multiforme: siamo di fronte a una dichiarazione d’amore verso le storie, le parole, la letteratura. Gospodinov crea un romanzo di romanzi in cui, per esempio, viene raccontata la terribile storia di una donna che, pur di non separarsi dal suo televisore, accetta di subire violenza da parte di due malviventi introdottisi nell’appartamento in cui vive; oppure, si narra di un triste seduttore che conserva una cartina geografica somigliante ormai a un porcospino perché, per ogni conquista, segnala con una bandierina il paese dell’amante; proseguendo con le vicende di una mosca che con il suo volo traccia parole nell’aria perché ha una storia da raccontare, quelle dell’uomo tradito che ha mangiato 186 confezioni di cioccolata bianca una per ogni infedeltà della moglie, quelle di Diko lamiera e la sua baracca fatta di lattine per conservare il formaggio e di Risto il matto che, persa la sensibilità al caldo e al freddo a causa dell’esplosione di una granata nell’ultima guerra, vive sotto un malriuscito monumento ai caduti della stessa guerra che lo ha menomato.
Ma questo è anche un romanzo di domande: dove comincia una storia e fin dove si può spingere? Cosa si dice all’inizio? Perché creare un “romanzo naturale”? Che romanzo potrebbe saltar fuori se si riuscisse a convincere una mosca a raccontare? Le parole hanno un sesso? E se hanno un sesso, maschile e femminile, quando e come si produce l’accoppiamento? Dove va l’amore e chi lo spazza via? E chi butta la spazzatura? E il cassonetto dov’è?
Addirittura, a un certo punto il romanzo è composto solo di inizi: Un romanzo che si avvia di continuo, promette qualcosa, arriva a pagina 17, e ricomincia da capo per poi trasformarsi in un romanzo solo di verbi, senza nessuna spiegazione o descrizione perché il verbo è onesto, freddo e preciso. Considerando che i titoli dei capitoli di questo libro sono bellissimi e poetici, stupisce che il premiato autore bulgaro non abbia proposto anche un romanzo di soli titoli, appunto: alla fine, però, poco importano le costruzioni, le definizioni, perché ormai abbiamo capito che il romanzo, in qualsivoglia forma lo si propone, è ciò che unisce il mondo.
La trama del libro è esilissima; un matrimonio finisce, i due si separano e mentre la vita della moglie pare procedere senza troppi problemi, il marito precipita in un vortice di altre vite, di cui Gospodinov approfitta per trattare gli argomenti più disparati spaziando tranquillamente dalla storia dei gabinetti a un giardiniere pazzo, da elenchi di cose piacevoli ai barboni, ragionando su personaggi anche questi molto diversi fra loro, dal filosofo Anassagora al regista Quentin Tarantino, dal botanico Linneo allo scrittore Flaubert. Ma la storia più interessante, il vero valore aggiunto di questa lettura, è scoprire come sia possibile entrare o meglio irrompere in un romanzo, diventare parola tra le parole. Si può uscire dal proprio corpo e nudi, così come lo sono tutti i vocaboli, inserirsi fra loro. Attenzione, però: non lo si può fare all’inizio del libro perché lì la sintassi è troppo compatta e si verrebbe subito scoperti; bisogna, invece, cercare un buco nel testo, una digressione lirica, una descrizione dettagliata che abbia in qualche modo assopito le parole e, lì, ci si potrà infilare, delicati come una piccola foglia tremolante al vento ma rapidi come una lucertola che guizza sotto una pietra. Un libro è un buon posto dove nascondersi, sempre secondo Gospodinov.