È difficile immaginare qualcosa di più diverso di due riviste come il mitico The New Yorker e The Dark Magazine, testata specializzata in horror e fantasy, tranne forse due autori come George Saunders e Dare Segun Falowo che su queste due pubblicazioni compaiono abitualmente come autori di punta. Ma, considerato che in Italia le riviste di qualsiasi letteratura, popolare o meno, in pratica non esistono o quasi, non stupisce di trovarli entrambi affiancati tra le ultime uscite della serie “Nodi”, collana junior di Zona 42, dedicata a short stories e romanzi brevissimi di science fiction e fiction speculativa.
George Saunders, autore americano dalla prosa delicata e soft, con un’impostazione accademica da “scrittore per scrittori”, imbocca toni dystopic comedy per trasferirci dentro a un grottesco parco tematico. Gli abitanti, per vivere, devono interpretare con entusiasmo e convinzione un ruolo: si tratti del Selvaggio West, degli Anni Trenta di Al Capone o – nel caso del protagonista – di un “Inferno” vagamente impiegatizio. Tutti aspettano da sempre un visitatore, che come Godot non arriva, ma farne cenno con i colleghi qui è un crimine punibile con la morte. Più che a Westworld o a Soffocare di Palahniuk, il racconto (scritto pochi mesi prima dell’arrivo della pandemia e dei lockdown) ricorda una pièce dell’assurdo dove il parco di divertimenti si rivela presto un microcosmo kafkiano, sempre più paranoico e violento. La storia, dice Saunders in un’intervista, ci interroga su quello che sta succedendo oggi nelle società occidentali: “Perché esigiamo un ordine così elevato di conformità? Di cosa abbiamo così paura? Cosa è andato storto nel modo in cui ci immaginiamo l’un l’altro? Perché tutto deve essere così ordinato?”
Convergenza nell’architettura del coro di Dare Segun Falowo, è una novellette tratta da Dominion: An Anthology of Speculative Fiction from Africa and the African Diaspora, ambientata – come altri racconti di Falowo – in un paese immaginario del territorio della popolazione di etnia Yoruba, nella Nigeria nord occidentale. La storia, in particolare, si intreccia con la cosmologia e le divinità della religione Yoruba, una delle religioni ancestrali da cui discendono anche culti caraibici come il Candomblé, la Santeria, il Vodu haitiano. Un modo banale per raccontarla è che un giorno fa la sua comparsa, da un’altra dimensione, un vascello alieno con l’evidente scopo di catturare gli abitanti del villaggio. Questa apparizione mette in moto una catena di eventi che, sdoppiata nel sogno e nella realtà, vede coinvolti i tre sacerdoti locali (Awo Meta), l’Orisha, emissario dello spirito di Olodumare, il creatore supremo per gli Yoruba, e due giovani che vedranno la loro individualità sgranarsi in una miriade di possibilità prima che la loro persona assuma una nuova forma trascendente, attraverso la dimensione del tempo e dello spazio. La scrittura di Falowo, immaginifica e fluente, lascia filtrare il materiale mitologico attraverso il flusso di coscienza. E la “trama” emerge come semplice esito, riverbero in un mondo dove la metamorfosi cosmica governa incontrastata la parabola e i corpi dei protagonisti.