In questi tempi grami di erosione dei diritti civili, di attentati alla Costituzione, di dittature tecnologiche attuali o futuribili, di indebolimenti della democrazia e via discorrendo, la lettura di un autore che ha genialmente riflettuto su questi e altri temi a essi connessi può rivelarsi non poco illuminante. Quale tiranno tiene legata la tua vita di George Orwell è dunque in tale ottica un libro imperdibile. Com’è noto, lo scrittore inglese analizzò a lungo, nei romanzi come nella produzione saggistica, le forme e le dinamiche del potere, le strategie comunicative della propaganda, i metodi di manipolazione ideologica, in particolare del passato, e non poche delle sue deduzioni hanno superato la prova del tempo.
Il volume in questione è introdotto da un saggio dell’anglista Mario Faraone, che inquadra a ben ampio raggio gli articoli di Orwell nel contesto letterario e storico in cui nacquero, e da una cronologia essenziale della vita e delle opere dell’autore, cui seguono quattro delle undici leggendarie London Letters, redatte tra il gennaio del 1941 e il maggio del 1946, pubblicate sulla rivista statunitense Partisan Review. Sono articoli a lungo studiati, che offrono una lucida visione d’insieme dell’ambiente politico, sociale, culturale e psicologico britannico durante il secondo conflitto mondiale, ma non esenti – e questa è la caratteristica forse più interessante – da errori di valutazione della realtà, in seguito riconosciuti con grande onestà intellettuale dall’autore. A rileggerli oggi offrono l’occasione di una proficua riflessione sulle dinamiche psicologiche che presiedono alla distorsione fattuale, anche – e soprattutto – inconscia, alle distorsioni determinate da scelte politiche preconcette, ai dissidi tra élite intellettuali che possono minarne l’attività militante.
Alle lettere si aggiungono alcuni spunti saggistici di vario interesse: articoli sull’imperialismo britannico in Birmania (risalente al 1929), sulla questione all’epoca molto dibattuta nel Regno Unito degli alloggi popolari, sulla guerra civile spagnola (che, com’è risaputo, vide Orwell impegnato sul campo), sulla bomba atomica, e altro ancora.
La seconda parte del volume raccoglie recensioni e interventi sulla letteratura (analisi di romanzi di Chesterton, Miller, Kipling, Fleming, Sartre, London e Wells, tra gli altri), che per più d’un verso integrano l’universo culturale e ideologico dell’autore, fornendone un ritratto veritiero, mentre la terza parte ospita alcuni suoi componimenti lirici.
Pregevole la postfazione di Strazzanti che, con una bibliografia essenziale, chiude il volume, incentrata sulle luci ed ombre del dato biografico, sul fecondo concetto di “inconscia falsificazione” della realtà (di cui Orwell si autoaccusò in una celebre lettera del 1945), sulla visione ideologica orwelliana ed i riflessi che ebbe nell’opera letteraria e saggistica, nelle scelte di vita. Dunque, i semi sgorgati dalle acute riflessioni offerte da Eric Arthur Blair, a 72 anni dalla sua prematura scomparsa, continuano a germogliare producendo floridi giardini di pensiero.