Alfred E. van Vogt / Futuro d’annata

Alfred E. van Vogt, Al di là del futuro, tr. Giuseppe Ferrara, Mondadori, pp. 221, euro 6,90 stampa, euro 3,99 ebook

Quando Al di là del futuro (A Future Glitter, 1973), venne dato alle stampe, Alfred Elton Van Vogt (1912-2000) alle spalle aveva straordinari romanzi di fantascienza (basti pensare a Slan, La guerra contro i Rull, il celeberrimo “Ciclo del Non-A”), ma l’ ispirazione cominciava a latitare, e infatti il tradizionale meccanismo narrativo dell’autore, un flusso di invenzioni autogenerante che trascina il romanzo stesso, mostra segni di inceppamento.

Siamo in un mondo futuro in cui il regime politico è una sorta di collettivismo stalinista, retto da un Presidium in cui il capo assoluto è il dittatore Lilgin. In realtà, fatti salvi sessismo, condanne, carceri, esecuzioni di massa, il regime non è così brutto come sembra, anzi, riesce a far funzionare quello che spesso nei regimi “democratici” non funziona; e l’assurdità della burocrazia ha sempre una sua (perversa) logica, che già in fase di incipit si manifesta, quando al professor Higenroth viene consegnato l’ordine di decapitazione; per i grandi scienziati infatti il coronamento della carriera è la ghigliottina, sistema che permette alle informazioni accumulate dal morituro di esser disperse nell’aria e raccolte dai suoi allievi.

Il resto del romanzo, dopo un’ellisse di diversi anni, ruota attorno alla figura di Orlo Thomas, figlio di Hingeroth e della giovane (e imposta) moglie, che scambiato e dato in adozione, si ritrova nello spazio di poco tempo nella Città delle Comunicazioni, a fianco dei grandi scienziati e al cospetto dello stesso Lilgin, a operare nel campo della comunicazione. Come tutti i personaggi vanvogtiani Orlo è al centro di un complesso piano in cui nulla è come appare realmente, in cui si intersecano scienze e poteri paranormali, sosia e assassini, ribelli veri e falsi, uomini e superuomini; il centro del complotto è la teoria di Higenroth, ovvero il Sistema Pervasivo che trasmettendo ovunque le immagini prescelte, e senza l’utilizzo dei media, farebbe sì che Lilgin e il Presidium fossero sotto lo sguardo di tutto il mondo.

Al di là del futuro quindi riassume i topoi classici della scrittura dell’autore, e tutti i suoi interessi costanti; in questo caso la comunicazione, che diventa un incrocio fra le teorie di McLuhan e della scuola di Palo Alto, cui spesso Van Vogt ammicca con una costante meta-comunicazione nei confronti del lettore. Romanzo non minore quindi, ma poco rifinito nello schema generale e nei tempi, da leggersi comunque per i problemi problemi politici e psicologici sollevati, e un eccezionale e shakespeariano explicit.

2 Settembre 2017

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