Se il tango (inteso come danza) è un mondo, un intero pianeta di sguardi, allacci, movenze, corteggiamenti, spostamenti di lato, abbandoni, riprese, allora in ballo c’è tutto, disegni e colori compresi, le figurette sottili posate sulle pagine di un libro e le tavole coloratissime di un documentario naturalistico. Lo stesso da cui le figurette, stese sul letto, si lasciano affascinare. E noi con loro.
Il mondo, inoltre è complesso: i salti pagina (per così dire) non si contano, e nessuno sa chi o cosa s’impegni a definire e attuare questi salti. Nel campo aperto del fumetto le indicazioni date per seguire la favola consegnano e tolgono continuamente il senso, dando modo al desiderio del lettore di inseguire la storia ed essere inseguito allo stesso tempo. Non ci sono preoccupazioni di sorta, essere nello stesso momento stupidi e intelligenti produce sogni fulgidi, immediate visioni danzanti davanti agli occhi. Chi può dire se siano più vere le avventure di Corto Maltese o i volteggi aerei di Arzach? Pratt e Moebius non vi risponderanno. Pur conoscendo bene i loro eroi nessuno sa quale storia ci aspetterà al varco. Corto e Arzach sono prìncipi leggendari e galleggiano in solitudini diverse, faticano un bel po’ perché la nostra affezione non dilegui. Ma questa è già storia del fumetto.
Dal classico all’attuale i sentieri che si biforcano sono sempre in auge, gli esempi sono molteplici e s’avvantaggiano della ripresa editoriale (così pare) della bande dessinée: la graphic novel ha instaurato una sorta di “esplorazione del possibile” che ha radici lontane e d’altronde vicinissime risultanze pop. La sceneggiatura rende viva la galassia, impedendo che si blocchi in uno sfondo stellato meraviglioso ma completamente ghiacciato. Risuleo e Pronostico, dopo il successo di Sniff, intraprendono un itinerario costituito da bivi continui, dove i testi del primo assecondano gli sviluppi turistici nei disegni del secondo. La coppia di figurette in Tango comunica qualcosa che tutti conosciamo: Miriam e Lele cercano casa, litigano e fanno l’amore, guardano film in TV, potrebbero avere un figlio e potrebbero avere un cane. E sono dipendenti non soltanto dagli autori, che allestiscono “bivi” non privi di conseguenze su cui il lettore esercita autorità. C’è una sorta di cattiveria in tutto questo. Il lettore osserva dall’alto la coppia, non sono poche le tavole in cui la planimetria schiaccia Miriam e Lele in una specie di tableaux vivant da cui non si sfugge. È un mondo in bianco, nero e grigio e soltanto l’avvio di un documentario riesce a invadere lo spazio con la sua folla di animali della savana, coloratissimi e grandissimi rispetto alle due figurette. Ma è come un lampo, Miriam e Lele ci piacciono più della selvatichezza animale, sono slanciati e eleganti nei loro dialoghi e silenzi. La loro esistenza quotidiana è osservata e guidata da un lettore che può scegliere su quale via condurli.
Ma siamo sicuri che non ci sia un altro modo? Se ci innamoriamo delle due figurette possiamo regalar loro le intere ramificazioni vitali predisposte nel loro universo, una dopo l’altra: possibilità a cui nessuno di noi potrebbe mai attingere. Terribile e meraviglioso questo andare avanti e indietro all’interno di un volume in cui si applicano tutti gli scartamenti del tango, e così come il tango affascina più lo spettatore che i ballerini. Perché loro soffrono, intenti come sono a vivere. Mentre noi, comodamente seduti in poltrona, muoviamo gli occhi per seguirli sulla pista da ballo e nelle pagine del libro: Tango, appunto.