Non c’è alcun dubbio che Franco Pezzini abbia inventato un nuovo modo di fare saggistica in Italia. Che ci parli di Aleister Crowley o dell’Eneide, di Dracula o del Satyricon, di Mary Shelley o di Apuleio, i suoi ormai numerosi volumi pubblicati da Odoya nella collana I Classici Pop, hanno sempre la caratteristica di scorrere via come romanzi, nonostante il ragguardevole numero di pagine, lasciando nel lettore la piacevole sensazione di aver letto, o riletto daccapo, il testo in questione e contemporaneamente di averne approfondito una crestomazia di interpretazioni e commenti, trovandosi arricchito di una miriade di informazioni, suggestioni e osservazioni critiche senza mai, neanche per un attimo, aver sacrificato all’esame razionale il gusto avidamente viscerale della narrazione.
Pezzini procede raccontando, seguendo il testo pagina per pagina, riga per riga, talvolta perfino parola per parola, ora parafrasando, ora interpolando significativi passi dell’opera trattata, e inserendo, nel corso dell’esposizione, i riferimenti critici e teorici, le informazioni biografiche o bibliografiche, i collegamenti e le riflessioni, senza mai interrompere il flusso finzionale della storia. Forse questo efficacissimo procedimento deriva dal fatto che i volumi nascono dalla riscrittura del materiale preparato dallo studioso torinese per le lezioni e conferenze da lui tenute presso la Libera Università dell’Immaginario: la necessità di tener viva l’attenzione dell’uditorio, di catturare la curiosità e l’interesse di un pubblico, in un contesto “libero” da pastoie accademiche, canoni didattici e programmi seminariali, ancora mantiene la sua presa e il suo impatto anche sul piano della tecnica di composizione saggistica, nello spazio di rielaborazione che intercorre fra l’esposizione detta e la pagina scritta.
Particolarmente allettante risulta l’ultima proposta del prolifico saggista: una trilogia dedicata al genio statunitense che ha inventato la letteratura moderna, Edgar Allan Poe. Tutto Poe. E quando diciamo “tutto” intendiamo davvero tutto: poesia, saggistica, narrativa; Poe come entità intellettuale, come istanza creativa, come destino letterario. Pezzini, pur fra i maggiori conoscitori del gotico, dell’horror e del “bizzarro” – che oggi è di moda chiamare weird – aborrisce le consorterie naif del fandom, i lettori a senso unico, per i quali Lovecraft è “il migliore di tutti”, Poe è “il maestro del brivido” e, nell’imperversare di semplificazioni e banalità, non c’è differenza alcuna tra un classico e il romanzo, weird ovviamente, che l’amico di turno ha appena pubblicato per l’ennesima casa editrice improvvisata. Il suo approccio dunque, che pure tiene conto del culto gothic tributato al genio statunitense, abbraccia Poe globalmente – le mille facce di Poe, quella gotica sì, ma anche quella mystery, quella romantica, quella psicologica, quella umoristica, quella razionale, scientifica e parascientifica, quella enigmistica (ed enigmatica), quella sensazionalistica, quella autobiografica, quella giornalistica, e così via – senza preclusione alcuna anche verso le ricadute poesche nella cultura popolare (il cinema e il fumetto, in particolare) mantenendosi saggiamente lontanissimo sia dall’esaltazione un po’ sprovveduta dell’aficionado, che dall’algida e tecnicistica albagia professorale: una colta e ragionata valutazione dell’effetto Poe passata al filtro della rilettura, commentata, della sua opera completa.
Il primo volume, La camera pentagonale, era uscito già nel 2018, poi, un po’ a causa della parentesi del lockdown un po’ per il sovrapporsi di altri progetti, il lavoro è proseguito solo nel 2022 con l’appena pubblicato Il palazzo infestato. Il primo scrutina, tra l’altro, le raccolte poetiche giovanili e i primi racconti umoristici, le sperimentazioni con il registro gotico hoffmanniano (Metzengerstein), o quello romantico byroniano (The Assignation), gli incubi marini del Manoscritto trovato in una bottiglia e del Gordon Pym, fino al primo capolavoro (Ligeia) – il baricentro e la ragione del titolo: la Camera pentagonale è lo spazio della metamorfosi, la dissolvenza incrociata che oblitera Lady Rowena per far riaffiorare Ligeia – il secondo scandaglia tutti i successivi grotteschi e arabeschi, il romanzo “western” incompiuto Julius Rodman, le prime due apparizioni di Auguste Dupin, e i capolavori mediani (The Masque of the Red Death, The Pit and The Pendulum, The Oval Portrait) – il baricentro e il titolo, Il palazzo infestato, è ora l’evocazione dello spazio chiuso, castello, sotterraneo, catacomba che sia – l’analisi della poesia Il verme conquistatore, poi inserita nella versione definitiva di Ligeia, chiude il volume. Ancora ci aspettano molte delizie per il (speriamo prossimo) terzo e ultimo tomo della trilogia.
Se nel primo libro Pezzini viaggiava da solo, nel secondo si fa accompagnare da una giovane studiosa, Chiara Meistro, alla quale affida una lunga e interessante appendice dedicata all’approfondimento dell’iconografia e iconologia di uno dei racconti poeschi in cui l’importanza dell’immagine è più pregnante e il tema della dialettica Arte/Vita foriero di immense ricadute nella cultura dell’estetismo simbolista a venire: Il ritatto ovale. Il saggio non trascura però – adeguandosi alla linea critica e all’approccio culturale adottati in tutti gli studi di Franco Pezzini – l’immaginario popolare e abbraccia, in una visione davvero completa, anche il fumetto, elemento tutt’altro che secondario della fama contemporanea del grande bostoniano.
Come dicevo all’inizio, leggere questi testi equivale a una rilettura globale di Poe, con in più il valore aggiunto di un apparato esegetico aggiornato, equilibrato, approfondito e mai pedante: chi ama lo scrittore non potrà non accogliere l’esperienza con entusiasmo. E attendere con impazienza l’uscita del volume conclusivo.