Il mondo. Il pensiero necessario a farne diventare realtà adatta all’umano: questione che misura le giuste distanze dall’aldiqua vissuto, e anche divertire seguendo la storia letteraria e le equazioni risolte – o ancor più – da risolvere. In tutti i casi la sfida è tenere a bada la solitudine, immersi nel cosmo, e immersi nei nostri territori resi fragili dall’assalto antropico (si dice così) e dall’uso di bombe a grappolo e uranio arricchito. Il mondo, appunto: può essere visto da diversi punti di vista, gli scrittori possono studiare le posizioni altrui, partecipare ai discorsi, e badare in diverse riprese a libri antichi e moderni, vecchie edizioni riprese e nuove concentrazioni di pensiero. Per interrompere, volendo gli dèi, il lasso di tempo in cui – per dirla come Labatut – “abbiamo smesso di capire il mondo”.
Franco Marcoaldi mette insieme, riviste e aggiornate, una serie di brevi (ma intense) annotazioni pubblicate nella rubrica Controvento su “Robinson”. Confessa di leggere, negli ultimi tempi, molto meno – giusta reazione, montante insofferenza – all’onda anomala di volumi che affollano i banchi dei librai, e le offerte di una ben nota (e per questo, qui oscurata) catena di vendita on line. Non si può che rendersi estranei all’odierno concetto di vagabondaggio fra i libri, ben lontano da quella ariosa e sagace flânerie in uso durante il Novecento. Bisogna preservarsi, e allora i rapidi discorsi sulle Opere (e qui la maiuscola è d’obbligo) diventano un’idea di sopravvivenza, un tentativo (ampiamente riuscito) di tenersi in vita attraverso gli incontri e le illuminazioni che approfondiscono la semplice curiosità e permettono a noi lettori di arginare la stupidità quotidiana. Al netto delle idiosincrasie che insofferenze comuni sistemano nell’archivio dedicato agli incontinenti letterari.
Non poche le sorprese fra coloro che non si ricordano, o non avendolo forse mai conosciuto, di Emilio Tadini, artista milanese e scrittore rivolto nella seconda metà del secolo scorso all’uomo contemporaneo e al suo metodo (allora sembrava vincente, e per un po’ lo è stato) per assumersi il peso del mondo. Con Valerio Adami, Umberto Eco, Carlo Arturo Quintavalle, la ragione s’incontrava con il terreno spirituale ben oltre le ragioni del pop. Nelle oltre trecento pagine del libro incontriamo Zanzotto, Barnes, Kundera, Weil, Bellow, Montanari, Lispector, Caproni, Eliot, Volponi, e molti altri in compagnia di classici antichi che aiutano a vivere e sopravvivere attraverso la leggerezza (sì, Calvino) illuminante di Marcoaldi. Senza dimenticare di rafforzare l’animo rivolgendoci alla sua produzione poetica, che si misura con la visione del paesaggio e delle creature in esso viventi. Per guardarsi intorno, niente di meglio del disporre la vista in quei territori che soltanto i versi riescono a liberare (nessuno come Zanzotto ne fu capace) dal conformismo.
Molteplici i compiti dei libri, anche nel silenzio in cui li riponiamo, e molte le cose cercate (spesso invano in certe labirintiche librerie casalinghe) e solo ora ritrovate nelle pagine di In breve: l’idea di Marcoaldi vi si dispiega con levità, fuori dal marketing mondiale in cui ci siamo messi. Fosse uno svago, avremmo l’espressione un po’ furbetta del bambino che gioca – quadro di Chardin voluto dall’autore in copertina – ma sappiamo bene come la trottola lasciata alle sue giravolte sul tavolo potrebbe cadere giù: allo stesso modo sappiamo come il rischio di perdersi o di perdere le opere sia sempre presente, per questo c’è bisogno di un lessico, sempre rinnovato, che testimoni e aggiorni la casualità felice che talvolta ci sorprende cercando un libro e trovandone un altro. Fuori dal centro, nelle strade laterali sono in attesa molte cose sorprendenti.