Franco Fortini / Ricomporre esige

Franco Fortini, Traduzioni disperse e inedite, a cura di Luca Lenzini, Lo Specchio Mondadori, pp. 296, euro 18,00 stampa, euro 9,99 epub

Franco Fortini vide pubblicata da Einaudi la sua raccolta di traduzioni poetiche, era il 1982 e lui ancora in vita nel Ladro di ciliegie e altre versioni aveva offerto in una autoantologia il modo esemplare con cui leggeva i poeti più amati proponendo veri e propri cimenti linguistici con le opere di scrittori che nei loro modi avevano cambiato la storia letteraria in modo decisivo. Brecht innanzitutto, presente fin dal titolo del quaderno, mutuato da una lirica del poeta tedesco, poi Rimbaud, Éluard, Frénaud, Goethe. Brecht passa attraverso il dominio della lingua attuato da Fortini nel corso del tempo. Uno scavo vero e proprio nelle opere altrui che, esente da ogni improvvisazione, condensa la lingua di poeti e scrittori nel suo interpretare con taglio personalissimo tanto da mettere alla prova, sempre con esito mirabile quanto complesso, l’intera opera poetica fino al testamentario Composita solvantur: summa delle diverse letterature e risultanza biografica dello scontro privato col pubblico in una mai avvenuta pacificazione.

La genealogia del poeta fiorentino s’espande vieppiù in questa nuova raccolta postuma, concepita dall’eccellente Luca Lenzini (già curatore di Tutte le poesie fortiniane, uscito nel 2014), allo scopo quanto mai necessario di riunire lavori presenti nell’Archivio dello scrittore. Traduzioni edite ma non rientrate nel Ladro di ciliegie, e versioni inedite di assidue frequentazioni sempre in primo piano nei contesti storici e nell’urto della storia. Un grande programma austero, non privo di sgomenti, in cui certi dialoghi in vita (come quello con Sereni) e a distanza stabiliscono alleanze tenaci e che, alla verifica, segnano l’interezza di un secolo.

Le radici si ritrovano nel fertile terreno delle prime traduzioni, il Flaubert di Un cœur simple seguito dall’ardua impresa del Faust di Goethe, Madre Courage e Santa Giovanna dei Macelli, fino alle ampie antologie poetiche di Brecht e Éluard. Senza contare, seguendo l’idea che la traduzione “fortifica” i singoli autori e i gruppi letterari dando agio alle istituzioni culturali, quanto la continua revisione della posizione del poeta nella società andasse contro il consumismo culturale degli ultimi anni. Come sottolineato da Lenzini nella sua Introduzione, Fortini scommetteva sui futuri lettori. E proprio a questi sembra rivolgersi il nuovo quaderno di inediti, pieno di lucide resistenze, di ricomposizioni che Composita solvantur conteneva: accanto al trauma l’apertura alle diverse letterature.

Scriveva Raboni che Fortini, nel suo “altrove” d’isolamento ha finito per essere presente in ogni spazio della poesia italiana, anche da intollerante ha toccato le corde di tutti: le traduzioni non sono certo estranee a azione e effetti sfioranti l’opera dei nostri scrittori più rilevanti, comprendendo la voce interna delle loro (sempre numerose) traduzioni. Se perfino nel suo manierismo troviamo una lucida resistenza, oggi più che mai poeti e non poeti ne hanno bisogno per scampare al buio avanzante di questo 2000.