Giacometti chiede a Caroline che cosa le farebbe piacere, per ringraziarla della sua pazienza di modella improvvisata. Lei gli si para davanti con le braccia spalancate: “una Ferrari Rossa”. All’amante di grande avvenenza, ragazza giovanissima e a dir poco “disinvolta” come frequentatrice dei locali postribolari di Montparnasse (dopo la chiusura delle case d’appuntamento), fu poi consegnata “soltanto” una rombante MG cabriolet, sulla quale con il grande artista fece indimenticabili scorribande per le vie di Parigi. Giacometti, ormai sessantenne, e travolto dalla passione (“L’ho amato alla follia, così come lui mi amava alla follia.”) per questa brunetta dagli occhi profondi e sfuggenti, con la sobria e rassegnata moglie Annette e il rassicurante fratello Diego, non ha affatto problemi di denaro. Le sue sculture e i disegni portano a casa fior di quattrini.
Lui resiste addirittura alle avances e alle rose dell’Angelo azzurro Marlene Dietrich, pur di avere per sé questa “ultima modella”, fresca e dirompente. Dallo stesso fascino è colpito Maubert, quando la ritrova vecchia ed esausta in una Nizza folgorata dalla luce mediterranea. Nascosta dal fumo delle eterne Kool al mentolo, e dall’offuscamento dei ricordi opportunamente esibito, la donna, malferma sulle gambe, si ritrova con lo scrittore fra le palme della Promenade des Anglais: due profughi giunti da luoghi diversi, uno compreso nel desiderio di sapere, l’altra avvolta nella certezza imminente della sua fine.
Il racconto sfumato di Giacometti quasi privo di forze, quattro pacchetti di sigarette al giorno, ancora capace di slanci energici sulla carta e sull’argilla “armata” con corde di pianoforte e tenuta umida dal fratello nel mitologico Atelier, fino alla morte avvenuta pochi anni dopo, prende subito al cuore e alla pancia chi svenderebbe la sorella a patto di ritrovare quegli anni parigini, saturi di artisti e scrittori epocali. A patto di procedere verso Chez Adrien in rue Bréa (dove le ragazze erano più gioviali) avendo la ventura di trovare lì seduti Alberto e Caroline, il cui vero nome era il molto meno civettuolo Yvonne. Come nell’evocativa immagine di copertina di questo delizioso libretto, tanto da restituire a noi, in piena senilità letteraria, tutta la bellezza gustativa di decenni infernali, sì, ma affatto irripetibili.