Francesca Marzia Esposito / Corpi immaginati

Francesca Marzia Esposito, Ultracorpi. La ricerca utopica di una nuova perfezione, minimum fax, pp. 387, euro 19,00 stampa, euro 11,99 epub

A volte ci sono incontri letterari fortunati, del resto come accade nella vita, che nascono per una casualità o per una buona intuizione. Ed è proprio l’intuito che mi ha permesso di conoscere Francesca Marzia Esposito: il suo profilo Facebook mi ha incuriosito, post letterari e no che non sono mai scontati, che rivelano una personalità originale e interessi ad ampio raggio. Ho sentito subito l’urgenza di scoprire come e cosa scrivesse andando a leggere i due romanzi che ha già pubblicato e mi sono trovato di fronte a una delle migliori scrittrici italiane. Una vera rivelazione. Lo dico senza timore di essere smentito perché Esposito è dotata di uno stile eccentrico, di una padronanza lessicale fuori dal comune, di una cultura superiore che non ha bisogno di esibire volgarmente perché si nota ad ogni pagina.

Ultracorpi è un saggio e il sottotitolo, La ricerca utopica di una nuova perfezione dichiara perfettamente la finalità del testo: la ricerca è utopica perché la perfezione umana non esiste e qui si parla dell’inseguimento della perfezione del corpo che è, senza alcun dubbio, la prima cosa con cui ci presentiamo agli altri. E si comincia con una storia biografica, quella dell’autrice e del fratello che, cresciuti in una famiglia in cui si dà più importanza all’interiorità che all’esteriorità, decidono di modificare i loro corpi in maniera opposta: lei la magrezza, lui l’enormità. La danza e il body building. È per questo che attraverseremo diverse storie di chi rischia la vita pur di raggiungere i propri propositi. E non importa quali siano i sacrifici, non importa quali siano i rischi, non importa neanche più chi ti sta intorno.

Il corpo è il confine tra il nostro spazio interno (uso questa espressione perché c’è molto Ballard nel testo) e il mondo fuori, è l’unica cosa che conta, l’unica cosa che può farci vivere felici. Forse. Ma saremo mai contenti? Vorremmo essere leggeri come una piuma e scomparire o vorremmo prendere tutto il palco con i nostri muscoli. Il body building e la danza, anche se è superfluo dirlo, sono metafore della vita, un espediente per parlare, e riflettere, sulle nostre esistenze a metà tra il reale e il virtuale, sulle immagini di noi che postiamo sui social e in cui ci sentiamo belli e a nostro agio, dove mettiamo i like per essere accettati. I corpi estremi, le forme esagerate non sono ancora gradite dalla società, l’inclusività è solo una parola senza troppo significato: se non si risponde a un minimo di caratteristiche, se si passa il limite decretato dal senso comune – insieme al politicamente corretto, uno dei peggiori mali della società moderna –, si rimane fuori.

Anche nel mondo dei body builder c’è discriminazione di genere, le donne hanno parametri più stringenti per gareggiare, non possono essere solo una montagna di muscoli come gli uomini e non manca la discriminazione fisica nella danza: ogni lezione bisogna salire sulla bilancia, sentire lo sguardo e i rimproveri degli insegnanti se hai preso qualche grammo ed essere spinti verso la magrezza assoluta per essere sempre più elastici e competitivi ti sposta verso l’estremo: vedi le altre più magre di te e l’impossibile sembra divenire reale ma l’obbiettivo da perseguire rimane irraggiungibile. Esposito ci racconta vite diverse, quella di Schwarzenegger, di Ronnie Coleman e Iris Kyle, montagne di muscoli che hanno vinto tutti i premi a disposizione, e di Carla Fracci, Rudolf Nureyev e Roberto Bolle che seguono o hanno seguito un percorso impervio e complicato per diventare quello che sono o sono stati. Sacrifici e rischi per una carriera al massimo della celebrità e del successo.

Ritroviamo, in questo testo, tutte le qualità di cui abbiamo parlato: uno stile stupefacente, le parole gestite in modo preciso e chirurgico, una cultura a 360 gradi che spazia dalla letteratura – sono forti gli echi di DeLillo e McCarthy, non due scrittori qualunque – al cinema per passare alla musica e alle immagini. Un libro prezioso che, come tutti i testi più riusciti, usa l’espediente di parlarci di qualcosa, di corpi in questo caso, per parlarci della nostra vita. E della nostra società malata di protagonismo che non sembra dare a tutti le stesse possibilità di scelta. Uscire troppo dai ranghi, vivere troppo sopra le righe non è perdonabile.