Francesca Maria Benvenuto / “Ho arrubbato, ho spacciato e…”

Francesca Maria Benvenuto, L’amore assaje, Mondadori, pp. 150, euro 18,00 stampa, euro 9,99 epub

L’amore assaje, proposto da Mondadori, è il romanzo di esordio di Francesca Maria Benvenuto, avvocato penalista specializzatasi alla Sorbona, studente ora di Lingua e Letteratura moderne all’Università di Torino. Zeno ha quindici anni e sta scontando la pena per omicidio colposo sull’isola di Nisida, l’Istituto Minorile di Napoli; scrive raccontando in prima persona, in maniera semplice, pulita e diretta, il suo passato e la sua attuale condizione, fatta di finestre con le sbarre e porte che non si aprono sul mare. Il protagonista narra la sua storia usando le uniche espressioni che la sua giovane vita gli ha permesso di apprendere; una lingua che è mescolanza di italiano e napoletano. É la professoressa di Italiano, Martina, che suggerisce a Zeno di trascrivere i suoi pensieri, esternare le emozioni trattenute per poter ottenere, di lì a due mesi, il permesso di tornare a Forcella per trascorrere la vigilia di Natale con sua madre.

Zeno offre alla professoressa – unica figura empatica insieme al secondino Franco – i suoi ricordi, il suo tremendo vissuto, i suoi sogni e le sue lucide aspettative e speranze. Lui porta il nome di un grande personaggio della letteratura italiana ed è proprio questo che insegna Martina a Zeno, il quale non ha solo in comune con la figura creata da Italo Svevo il vizio insanabile del fumo ma, come espresso nel preambolo del romanzo, sente la frustrazione di dover scrivere i ricordi della sua vita. Quel narrare diventa però, per Zeno, fonte involontaria di riflessioni. Scopriamo attraverso le sue parole il motivo della pena, la storia della sua famiglia, il primo furto che, per la sua condizione e la necessità di sopravvivenza, gli ha condannato l’innocenza.

Scopriamo che ama la madre e che, a sua volta, sa di essere amato da lei, ma appare chiaro l’odio profondo che nutre per il padre, così come l’indifferenza e la diffidenza per la sorella che ha “abbandonato” la famiglia. Conosciamo Natalina, il suo amore, che vive nel suo stesso quartiere; nei suoi riguardi Zeno nutre una fiducia incrollabile, perché un giorno la incontrerà di nuovo e spera solo che lei abbia la forza di aspettarlo. Impariamo a conoscere i compagni di cella, i secondini, il direttore e il prete dell’Istituto; apprendiamo le piccole e grandi lotte per farsi rispettare, le onestà intellettuali di riconoscere, in quel mondo di sbarre, le regole della dignità, un reticolo di strade che portano alla verità e al riconoscimento del bene e del male.

Impossibile non affezionarsi a Zeno, anche se omicida: non prova rimorso per quel che ha fatto, sa che se non avesse sparato per primo sarebbe stato lui quello morto. Impossibile che il lettore non si chieda: che persona sarei stata se avessi vissuto in un contesto infantile del genere, che individuo sarei diventato se mi avessero messo in mano il “ferro” a dieci anni? Cosa avrei fatto con una madre prostituta e un padre in carcere, e senza una dimora in cui vivere? Zeno è un personaggio pieno di candore, non ha filtri o sovrastrutture come solo un quindicenne può non avere. É schietto, diretto, sincero, ma avvolto da una profondità e da una maturità che si ha solo quando si diventa grandi troppo presto. Benvenuto, articolando il romanzo in capitoli brevi, in forma quasi diaristica, con una prosa semplice che caratterizza il protagonista, con un “parlato semi-dialettale” assolutamente affrontabile e comprensibile, ci trasporta in maniera vivida e sincera all’interno di un mondo troppo reale e a cui troppo spesso non pensiamo, ma che esiste.