Dopo aver pubblicato Piaceri rubati nel 2018, Mattioli 1885 ci presenta questa seconda antologia di Gina Berriault, Donne nei loro letti. Molti dei diciannove racconti sono brevi, quasi fulminei, ma tutti catturano fotogrammi di vite comuni imperfette. Quello che non si riesce a comprendere, leggendoli, è come la scrittrice statunitense sia rimasta sconosciuta al pubblico fino a settanta anni di età, metà degli anni Novanta del secolo scorso, nonostante fosse ammirata da scrittori del calibro di Andre Dubus, Richard Yates e Richard Ford che di lei ha detto “fra tutti gli scrittori che conosco della mia generazione e di qualsiasi altra, i racconti di Gina Berriault restano senza confronto. Sono semplicemente meravigliosi”.
Con l’asprezza della sua scrittura, uno stile più algido che freddo, Gina Berriault ci racconta – come nell’antologia precedente – un mondo senza compassione, dove i protagonisti non ne hanno neanche per loro stessi: donne anziane, ricoverate in attesa della loro destinazione definitiva in ospedali di lunga degenza, in cui Angela, assistente sociale e aspirante attrice, si rispecchia; una madre in cerca di amore che lascia il proprio figlio la sera a casa da solo, dicendogli di non preoccuparsi se non tornerà perché ha già l’età per cavarsela senza di lei; un’adolescente che diventa donna scoprendo per caso a una festa il tradimento del padre verso la madre. Nessuna si ferma a piangere e tutte si caricano sulle spalle un fardello che si porteranno dietro per tutta la vita.
Gina Berriault ha molteplici punti di forza: attenta osservatrice della natura umana che descrive con parole precise e misurate, i modi e i gesti dei protagonisti sono sempre in sintonia con le loro personalità tratteggiate senza compromessi, non celandone vizi e debolezze. La scrittrice statunitense non lascia alcuna speranza al lettore e non cerca mai la sua approvazione, ed è forse questa la sua arma migliore. Una conferma, quella di Gina Berriault, che va al di là delle più ottimistiche aspettative, che scava nei nostri mondi interiori più bui, nell’indifferenza e nell’incapacità di comunicare, nell’indisponibilità ad aprirsi agli altri. Un testo che dovrebbero leggere tutti quelli che ancora oggi sostengono che il racconto sia una forma di letteratura minore.