Non capita spesso di trovare uno scrittore italiano che sappia scrivere, che riesca a farsi strada nell’animo dei lettori e nella sterminata giungla editoriale soltanto per la forza e al contempo per la sensibilità della sua scrittura. Filippo Tuena è uno di questi scrittori che sa scrivere, a differenza di tanti altri che sono molto bravi a pubblicizzare se stessi e i loro libri, molto bravi a comparire in TV e in particolare nei talk show, ma non sanno scrivere. Questo suo nuovo testo critico-letterario non fa che confermare il suo acume di critico e la sua capacità di scrittura. Già con Ultimo parallelo, ristampato nel 2021, Tuena aveva dimostrato di che stoffa era fatto, aveva dimostrato la sua grande abilità nel rintracciare riferimenti letterari e nuovi inaspettati rimandi tra la descrizione della spedizione antartica di Robert Falcon Scott (1910-1912) e la Waste Land di Thomas Stearns Eliot (1922), oltre all’ovvio riferimento letterario, denunciato dallo stesso Eliot nelle sue note esplicative, quando cita il miraggio che ebbe l’esploratore Ernest Shackleton durante la spedizione antartica del 1914-1917. Shackleton infatti ebbe l’impressione, durante la sua marcia in mezzo al nulla nel deserto di ghiaccio e neve dell’Antartide, che ci fosse un Uomo in più, invisibile, che camminava insieme a loro. Questa “Sindrome del Terzo Uomo” – disturbo riconosciuto da tempo nelle persone in situazioni di estrema spossatezza fisica, in situazioni di paura o di stress, persone che dichiarano convinte di aver avuto la netta situazione, in queste situazioni estreme, che ci fosse un’altra persona accanto a loro – viene applicata da Tuena alla disastrosa spedizione di poco precedente quella di Shackleton, la spedizione antartica di Scott. Tale affinità viene presa da Tuena in Ultimo parallelo come pretesto per una raffinatissima digressione letteraria, in cui il Terzo Uomo di Eliot diventa il lettore stesso, oppure lo stesso lettore-scrittore-narratore Tuena, che segue Scott e il suo compagno – grazie al dettagliato resoconto scritto dell’esploratore – lungo il percorso tra i ghiacci nel disperato tentativo di raggiungere la base dopo aver constatato la loro sconfitta. Un lettore empatico, compartecipe della loro sofferenza, della loro sconfitta totale nell’impresa di raggiungere per primi il Polo Sud – cui si aggiunse la sconfitta ancora più grande e definitiva di perdere la propria vita – stracciati dalla spedizione di Roald Amundsen che era riuscito a raggiungere l’ultimo parallelo più rapidamente – soltanto 23 giorni prima di Scott – con le sue veloci slitte trainate dai cani.
Ne La voce della Sibilla finalmente l’autore giunge a fare definitivamente i conti con la presenza inquietante di Eliot – e lo fa proprio nel 2022, a cento anni dalla pubblicazione di The Waste Land – una presenza solo accennata in Ultimo parallelo, sebbene già in questo “romanzo” del tutto particolare il debito nei confronti di Eliot venga riconosciuto in modo esplicito. Chi è questo Terzo Uomo in Eliot? Quali sono i legami tra le gloriose spedizioni antartiche e questo capolavoro del Modernismo? Quali affinità si possono riscontrare tra il viaggio estenuante di Shackleton e di Scott sui ghiacci dell’Antartide e le vette letterarie toccate da Eliot nel suo poemetto? Queste le domande che si pone Tuena, e da lì parte una interessantissima divagazione sulla genesi della Waste Land – genesi parigina, a partire dagli anni Dieci del Novecento, secondo l’interessante intuizione dell’autore – e sull’amicizia letteraria tra Eliot e Pound che ne determinò la grandezza, in una vera e propria esplorazione letteraria a partire proprio da quel grido disperato della Sibilla posto a esergo del poemetto: “Voglio morire, voglio scomparire”.
La voce della Sibilla è allo stesso tempo un testo critico e un testo letterario, ciò che la critica dovrebbe essere sempre, il resoconto di una esplorazione nel corso della quale è difficile individuare dei punti di riferimento certi, un esempio di ciò che Geoffrey Hartman chiamava “critica responsabile”, o “critica corrispondente”, cioè una critica che non si limita ad analizzare un testo, per quanto raffinata possa essere questa analisi, ma risponde alla sfida che il testo letterario pone e si pone sullo stesso piano creativo del testo stesso, diventa essa stessa un testo letterario. Tuena fa proprio questo: crea un nuovo testo – che si trasforma a volte addirittura in un testo poetico – che in qualche modo riesce a dialogare con Eliot, ad affrontarlo, anzi ad accostarlo con le dovute cautele proprio come faceva la nave di Shackleton quando doveva accostare la banchisa, consapevole che il testo di Eliot sfuggirà sempre alla nostra interpretazione, che ogni volta che siamo convinti di aver trovato una spiegazione del testo, di aver raggiunto il punto finale, l’ultimo parallelo, lui è già lì che ci ha preceduto con il suo gelido sorrisetto, proprio come Amundsen. Il lettore deve dunque affrontare la Terra Desolata, l’immensa distesa ghiacciata del testo, senza farsi scoraggiare dai crepacci, nei quali ogni tanto potrà cadere, né dai miraggi, né dalle immani forze che hanno plasmato il testo, come è accaduto con l’intervento censorio di Pound, proprio come accade in un ghiacciaio o sulla banchisa antartica. Il lettore-Terzo Uomo rischia sempre, come la nave Endurance di Shackleton, che rimase intrappolata dai ghiacci e navigò per sei mesi alla deriva, fino a rimanere stritolata dalla enorme pressione dei ghiacci, di rimanere intrappolato dal testo e di essere trasportato alla deriva con esso. Il lettore-Terzo Uomo arriva sempre dopo, arriva sempre in ritardo rispetto alla gelida e tagliente intelligenza di Eliot e del suo mentore Pound, ma non deve affatto scoraggiarsi, anzi deve riprovare ogni volta a narrare di nuovo la storia di questa sconfitta, come fece Scott, deve ricercare in se stesso quella forza interiore che gli consenta di affrontare le enormi difficoltà tipiche delle spedizioni antartiche, affrontare gli orrori del colonialismo (Conrad, Heart of Darkness) e gli orrori della Grande Guerra (la Waste Land nasce sulle macerie della Prima Guerra Mondiale, in particolare dalla disastrosa Battaglia dei Dardanelli del 1915).
Chi è dunque il personaggio che desidera scomparire, che desidera rimanere invisibile? L’autore Eliot, sempre restio ad ammettere gli elementi autobiografici presenti nel suo poemetto? Oppure la sua prima moglie Vivien, cui Eliot avrebbe letteralmente rubato dei versi, e che intervenne anche lei sul testo prima che diventasse definitivo? Sarà l’amico fraterno perduto ai Dardanelli, Jean Verdenal, oppure il censore-fabbro Pound? Oppure sarà il lettore stesso, che rischia di perdersi nell’immane numero di riferimenti letterari e antropologici presenti nel poema, e di lasciarsene trasportare alla deriva? Ecco, forse l’aspetto più convincente della interpretazione di Tuena è proprio questo: aver capito, e aver voluto sottolineare esplicitamente, l’unico punto in cui la censura di Pound ha danneggiato il poemetto di Eliot. È evidente che la citazione iniziale di Conrad, se non fosse stata espunta da Eliot su suggerimento di Pound, avrebbe reso la forza di The Waste Land ancora più devastante. Purtroppo Pound si è intestardito nel voler eliminare a tutti i costi la citazione iniziale da Conrad che Eliot aveva prescelto, sostituendola con la descrizione della Sibilla cumana dal Satyricon di Petronio. Immaginiamo quale sarebbe stato l’impatto, già enorme, se Eliot avesse mantenuto la citazione da Heart of Darkness : avremmo avuto una lignée ideale che avrebbe collegato il testo di Eliot agli orrori del neocolonialismo e dell’Imperialismo nella seconda metà del Novecento, dal Congo belga al Vietnam, ricongiungendosi con gli orrori della Grande Guerra fino ad Apocalypse Now di Francis Ford Coppola che ha portato a compimento ciò che Eliot aveva cominciato: oramai è diventato impossibile leggere The Waste Land e The Hollow Men di Eliot senza pensare al testo di Joseph Conrad e ad Apocalypse Now. Questa interpretazione si è imposta con la forza nel Canone, è diventata parte integrante del Canone Occidentale, così come lo ha definito Harold Bloom. E al centro del Canone Occidentale, accanto alle opere di Shakespeare, c’è la Waste Land di T. S. Eliot.