Bagliori di fiamme nella notte artica. Ombre guizzano sui volti delle persone raccolte attorno al fuoco, amico e compagno di vita, mentre voci arcane narrano di fiabe e leggende perse nella notte dei tempi. Qui è l’anima dei sami, una materia in gran parte perduta perché oggi, pur prestando grande attenzione ai propri costumi, nessuno vive più una vita completamente tradizionale. Il secondo dopoguerra ha portato profonde trasformazioni nella quotidianità di questo popolo. Per questo appare particolarmente importante il nuovo volume, nono tassello della serie che Iperborea dedica alle fiabe nordiche.
Nel lontano 1922 la curatrice di questa raccolta, Emilie Demant Hatt, lamentava i danni dell’incultura moderna, che rischiava di far sparire un inestimabile patrimonio. Discorso ancor più valido oggi, in un’epoca sorda al richiamo della natura. Le narrazioni sono state raccolte negli anni che vanno dal 1907 al 1916, trascritte direttamente dalle voci di chi aveva ricevuto questo sapere dai propri antenati. Demant Hatt era artista sensibile ed etnografa autodidatta e appassionata, versata nel mito e nel folklore, in grado di catturare in innumerevoli lavori grafici la vita quotidiana dei sami con espressiva immediatezza.
Di fronte al lettore si materializza un mondo misterioso, nel quale si patteggia con il diavolo non per ottenere una faustiana immortalità, ma per avere fortuna con la mandria di renne; un luogo nel quale, nella semioscurità, vagano i morti e gli spiriti della malattia. La tenda, il kote, è l’altro alleato dei sami, il luogo dell’intimità all’interno del quale riunirsi ascoltando storie. Le caratteristiche peculiari degli animali appaiono legate a eventi sovrannaturali. L’orso può godere del proprio letargo in quanto ha portato Dio oltre il ruscello, mentre altre specie si rifiutavano di farlo. La strolaga grida al pari di un uomo morente come punizione per aver ucciso una persona con il suo becco aguzzo. Strani echi risuonano in queste pagine. Una donna malvagia diviene uno scarafaggio, quasi fossimo in un racconto di Kafka; evocando l’Odissea, un uomo fugge in una pelle di montone dopo aver accecato Stallo, figura folklorica dagli attributi malvagi; un ricco, colpevole di aver scacciato il figlio di Dio, è condannato a vagabondare senza pace fino alla fine del mondo, e qui riconosciamo la leggenda dell’ebreo errante, e la sua versione marina dell’olandese volante. La fiaba di Njiavišædne e di Accišædne, nelle sue innumerevoli varianti, mette in scena il dualismo fra bene e male. Nemici più concreti, come i Ciudi russi, dediti al brigantaggio, delineano l’orizzonte di un’esistenza precaria, sempre vissuta sull’orlo del baratro.
Pur stringata, la raccolta enuncia i diversi aspetti tramandati dalla tradizione orale, fornendo un quadro piuttosto esaustivo dell’immaginario sami. Confezione impreziosita dalle illustrazioni in bianco e nero di Lavinia Fagiuoli, evocative di un mondo sfuggente e immaginifico. I sami, abitanti delle remote lande del Nord, appaiono lontani eppure vicini, perduti nella lontananza del mito, stupiti di fronte al mistero della vita, pervasi da un’aura poetica che il nostro mondo ha inevitabilmente smarrito.