Nel 1967 l’editore Giangiacomo Feltrinelli compì una pericolosa missione in Bolivia, ufficialmente per seguire il processo all’intellettuale francese Régis Debray (che aveva pubblicato con Feltrinelli il bestseller Rivoluzione nella Rivoluzione?), ma in realtà per salvare la vita a Ernesto Che Guevara o almeno intervistarlo mentre era impegnato nella guerriglia nelle foreste della Bolivia. A La Paz Feltrinelli venne arrestato e liberato soltanto grazie alla sua notorietà e ai suoi contatti. E fu proprio lui a contribure in modo decisivo nella creazione del “mito” Che Guevara, aiutando a diffondere in tutto il mondo la celebre immagine del fotografo Alberto Korda che trasformò il Che in un’icona pop per i rivoluzionari di tutti i tempi e di tutte le latitudini.
Nel biennio 1970-71 Feltrinelli lavorò alla formazione di un proprio nucleo combattente, i Gruppi di Azione Partigiana. I Gap erano a tutti gli effetti una banda armata, la cui sigla ricalcava la celeberrima sigla dei GAP (Gruppi di Azione Patriottica), le bande armate organizzate dal PCI clandestino durante la Resistenza. I GAP di Feltrinelli – ci ricorda l’autore di Untold, Ferruccio Pinotti – sono stati la prima organizzazione armata clandestina nata in seguito al ciclo di lotte del biennio 1968-69.
Segrate, periferia di Milano, 15 marzo 1972. Un uomo viene ritrovato morto, con il corpo dilaniato da un’esplosione, sotto il traliccio dell’alta tensione numero 71 che contribuiva ad alimentare la rete elettrica di Milano. Quell’uomo era Giangiacomo Feltrinelli, facoltoso patron della omonima casa editrice italiana, un vero e proprio colosso culturale, un uomo che aveva abbracciato totalmente la causa della Rivoluzione in Italia. Ma cosa ha spinto quest’uomo ricchissimo, ricercatissimo in tutti i vernissage, le presentazioni di libri, le inaugurazioni e i salotti della cosiddetta Milano-bene di sinistra, a morire in questo modo tragico in una località della periferia milanese?
Ci sono ancora in Italia almeno una decina di persone che conoscono la verità sulla “vicenda di Segrate” e sono i componenti ancora in vita dei due commando che si recarono quella sera a minare i tralicci a Segrate e a San Vito di Gaggiano. Tra i membri del commando c’era il misterioso Gunther, un ex partigiano esperto di esplosivi, che sarebbe morto nel 1977; poi, probabilmente, Augusto Viel della Banda XXII Ottobre, morto nel 2017; poi l’altrettanto enigmatico Saba, un sardo a quanto pare ancora in vita, poi un certo “Gallo” e un certo “Bruno”, personaggi che non è mai stato possibile identificare con certezza… Ci sono inoltre alcuni esponenti di Potere Operaio come Manlio Grillo, condannato in via definitiva per la Strage di Primavalle, che non hanno mai chiarito cosa sia accaduto.
Questo nuovo libro del giornalista Ferruccio Pinotti ha il pregio di ricostruire la vicenda culturale e politica di Giangiacomo Feltrinelli con grande dovizia di particolari, arricchendo la ricostruzione storica con una dettagliata descrizione della rete internazionale che era riuscito a creare, degli innumerevoli contatti con i gruppi eversivi, di una vera e propria “Rete Feltrinelli” che poi verrà presa in eredità, all’indomani della tragica morte dell’editore, dalle Brigate Rosse e dal gruppo Separat del terrorista internazionale Vladimir Ilich Sanchez, in arte Carlos lo Sciacallo. Grazie a Feltrinelli – ci ricorda Pinotti – “i terroristi europei si sono messi in contatto tra di loro, si sono scambiati notizie, tecniche e armi, hanno imparato le dinamiche dello spionaggio, come si fa a raccogliere il denaro, come si organizzano i covi”.
Ci fu anche un’inchiesta delle BR sulla morte di Feltrinelli, e anche su questo aspetto della vicenda Pinotti offre dettagli e interpretazioni inedite. Nel libro si torna a parlare delle audiocassette ritrovate nel 1974 nel covo BR di Robbiano di Mediglia, contenenti le registrazioni dell’interrogatorio del misterioso Gunther da parte delle BR, che si era presentato per spiegare perché Feltrinelli era morto. Gunther viene identificato da Pinotti – sulla base di una sua intervista esclusiva a Oreste Scalzone – con un ex membro della Volante Rossa, un ex membro dei GAP originari, un ex partigiano bianco nelle brigate dei Fratelli Di Dio, insieme a Eugenio Cefis e Carlo Fumagalli, fondatore del MAR. Secondo queste ultime rivelazioni di Scalzone, Gunther andrebbe dunque identificato nell’ex partigiano esperto di esplosivi Ernesto Grassi – morto, come dicevamo, nel 1977. Un’altra miniera di informazioni su Feltrinelli, da cui Pinotti giustamente attinge molti dettagli inediti, è il libro anonimo L’Intuizione, del 1982, pubblicato e probabilmente anche scritto da un amico di Feltrinelli, l’editore veronese Giorgio Bertani. Il libro ipotizza sotto forma di romanzo che Feltrinelli, cui nel libro ci si riferisce con la sigla 2G (dalla doppia G di GianGiacomo), fosse il Grande Vecchio, il cervello, il burattinaio dell’eversione nazionale e internazionale, attività che sarebbe proseguita anche dopo la sua presunta morte. Secondo questa ricostruzione, Feltrinelli avrebbe simulato la propria morte per poter continuare indisturbato le sue attività di guerriglia.
Federico Umberto D’Amato, il potentissimo capo dell’Ufficio Affari Riservati del Ministero degli Interni, nutriva una vera e propria ossessione per la figura di Feltrinelli, che riteneva estremamente pericoloso. Nel 1971 fece uscire un velenoso libello contro l’editore rosso, intitolato Feltrinelli, guerrigliero impotente (Edizioni Documenti) in cui lo si accusava, grazie alla sua ricchezza, di mandare gli altri a compiere attentati per conto suo. E sarebbe stato proprio per allontanare da sé questa accusa infamante che Feltrinelli decise di eseguire personalmente l’attentato al traliccio di Segrate. Secondo una delle ricostruzioni, infatti, gli altri componenti del commando non erano altro che due osservatori, due “commissari d’esame” – uno delle BR e uno di Potere Operaio – che dovevano assistere alla “prova”, una prova del fuoco. Oppure – altra ipotesi – si trattava di una trappola dei Servizi per incastrare e uccidere l’editore simulando un incidente. A questo proposito, Pinotti ricostruisce nei dettagli tutte le varie fasi di preparazione dei timer, realizzati utilizzando i famosi orologi svizzeri Lucerne, che furono acquistati da Gunther, modificati in modo da chiudere il circuito elettrico con un pernetto e innescare l’esplosione dopo un certo periodo di tempo, tranciando una delle due lancette, ma pericolosissimi da maneggiare se non si è eseguita correttamente tutta la procedura.
In definitiva, questo libro si propone di indagare i molti lati oscuri dell’avventura intellettuale, umana e politica dell’editore, la sua caratura internazionale, la vastità del suo disegno strategico “astenendosi nel contempo da giudizi moralistici o ideologici.” Come afferma giustamente Pinotti, “non si può che sottolineare la sincera motivazione ideale che spinse Feltrinelli a battersi in favore delle masse operaie, dei diseredati e dei paesi del Terzo Mondo, impegno contrassegnato da errori anche gravi, ma indubitabilmente figlio di una genuina sete di giustizia.” Dunque Feltrinelli “non era affatto un annoiato ‘radical chic’ né un ingenuo editore di sinistra che tifava per la Rivoluzione, ma un intellettuale che aveva consciamente abbracciato un progetto eversivo di ampio respiro internazionale del quale ambiva ad essere il leader.”
Liquidare semplicemente la sua figura definendolo “un terrorista” rischia di diventare un ostacolo alla comprensione della figura di Feltrinelli e di quegli anni, gli anni Settanta, in cui il progetto politico eversivo non nasceva dal nulla, ma si era sviluppato dalle tensioni politiche e sociali del turbolento biennio 1968-69. Quelle tensioni politiche e sociali che portarono Giangiacomo Feltrinelli a morire una sera di Marzo del 1972 sotto un traliccio dell’alta tensione a Segrate.
Leggi Potere Operaio del lunedì del 26 marzo 1972: PotereOperaioLunedì_n.05