Fenoglio e Pasolini / E le mamme allora?

Dove le mamme degli scrittori sono così presenti, i padri un po' scompaiono, e di quest’ultimi non mette conto parlarne.

Giuseppe Fenoglio e Pier Paolo Pasolini sono quasi gemelli – nato il primo l’1 marzo il secondo il 5 di 100 anni fa.
Ed entrambi hanno una mamma alle spalle e fotografie che lo testimoniano!

Madre e figlio sono ripresi in uno spazio angusto, in quello che sembra, più che una stanza, un sottoscala con le pareti ricoperte probabilmente da carta da parati a macchioline. Fenoglio batte a macchina con due dita e regge una sigaretta concentrato sul suo lavoro. Margherita, la mamma, è in piedi accanto a lui, con la mano destra appoggiata a quel che sembra un comune tavolo e probabilmente (la foto non è chiara) posa la mano sinistra alla spalliera della sedia del figlio. Ha i capelli grigi, un maglione nero, una gonna chiara, nessun ornamento, nessuna civetteria.

Le cronache dicono che non abbia mai voluto leggere un libro del figlio e che era assolutamente contraria al fatto che facesse lo scrittore e specialmente che avesse lasciato l’università. Un rapporto pieno di contrasti che non possiamo conoscere fino in fondo. Margherita guarda in modo serio e concentrato verso il foglio infilato nella Olivetti quasi a controllare quel che il figlio sta scrivendo, un figlio che, da parte sua, non sembra accorgersi del severo guardiano alle spalle. Ma noi non possiamo che pensare a una scena da commissariato di polizia e ci aspettiamo che da un momento all’altro Margherita intervenga con una correzione, una censura, una indicazione o addirittura per tirargli un orecchio!

Una foto di nessun pregio e intenzione ma che rivela molto.

Tutt’altra la foto che ritrae Pasolini e la mamma Susanna nella casa di Monteverde a Roma fra la fine degli anni ’50 e i primissimi ’60. Una foto certo non casuale, con una composizione precisa e fin troppi livelli di lettura. Il primo – più evidente –  è l’agognata stabilità raggiunta: una elegante scrivania, la lampada, il posto per i libri consultati e le risme di carta. Una bella ampia stanza con grande libreria, come sappiamo da altre foto d’autore (Gideon Bachmann)  che ritraggono Pasolini nel suo studio in questa stessa casa.

La mamma, vestita di nero con delle eleganti scarpe col tacco, è incistata al figlio, seduta sul bracciolo della sedia di Pasolini alla scrivania. Accarezza i capelli di Pier Paolo verso la nuca. E subito il pensiero di chi guarda la foto va all’ossessione del poeta per capelli, ciuffi e nuche ben rasate dei ragazzi, ma anche per i propri capelli “Orrendamente diradati sul cranio” come scrive in Una disperata vitalità (1964).

Chi di noi non avrebbe un moto di stizza se, mentre stiamo rileggendo uno scritto (come sembra fare Pasolini in questa foto), la mamma invadesse il nostro spazio sedendosi sulla nostra sedia e addirittura mettendoci le mani addosso? Non così Pasolini che appare assolutamente sereno, composto, un giovane uomo elegante, con le sue belle scarpe lucide.

Ma naturalmente la foto non è un’istantanea; sapientemente composta posiziona chi guarda al di qua della porta ripresa di scorcio a sinistra e ne guida lo sguardo nell’intimità famigliare del poeta, immersa in chiara luce. Non possiamo non pensare alle foto di Dino Pedriali fatte nel 1975 poco prima della morte di Pasolini alla Torre di Chia, in cui il poeta viene “sorpreso” nudo e fotografato dalle ampie finestre della torre, secondo il suo volere. Foto che assecondano una coazione – tipica di Pasolini – a riprendere e rimacinare i propri temi, esasperandoli e rendendoli più “scandalosi”. Le foto di Pedriali, volute fortemente da Pasolini ci mostrano il corpo del poeta ma ci costringono anche a fare i voyeurs e concentrare la nostra attenzione sui suoi organi genitali. Si sarebbe fatto fotografare se “lo avesse avuto piccolo”? Impertinenze, però autorizzate da foto intenzionali.

A queste due mamme (odiose, possiamo ben dirlo, mamme che non avremmo mai voluto essere) possiamo aggiungere anche la madre di Jack Kerouac, altro famoso “marzolino” del 1922: la signora Gabrielle, che ha sempre vissuto con il figlio, si faceva dare tutti i soldi lasciandogli una “paghetta” (come sembra facesse anche la madre di Fenoglio), era antisemita, razzista, odiava gli amici del figlio (in particolare Allen Ginsberg perché omosessuale), sempre occupata a tenere lontane le donne dal suo pupo. (O almeno così si legge nella biografia che Ann Charters dedicò a Kerouac). Nella foto l’unico vivace è il gatto.

Madri terribili, ma un rapporto richiede due soggetti, e, come osserva Barth David Schwartz, l’autore di Pasolini requiem, “Gli italiani, compresi gli scrittori, non si vergognano di avere una madre”

Le foto di Pasolini con la mamma sono molte e quasi nessuna casuale, di Fenoglio con la madre in rete si trova solo questa piccola misera foto. Stili diversi. Infatti i due non si sono mai incontrati; piuttosto scontrati, in occasione del premio Strega del 1959 che poi andò al terzo contendente, Tomasi Di Lampedusa con Il Gattopardo.

Di quella antica diatriba rimane un biglietto fulminante di Fenoglio che – alla richiesta di ritirare il proprio libro dal Premio per non danneggiare Una vita violenta – rispose a Citati, che glielo chiedeva “Lei mi sa sincero quando affermo che i premi letterari non mi tolgono né il sonno né l’appetito. Io non scrivo per competizione (per quanto la sportmanship sia un evidente aspetto del mio carattere), alla radice del mio scrivere c’è una primaria ragione che nessuno conosce all’infuori di me. L’idea di danneggiare Pasolini è lontana da me almeno quanto l’idea di favorirlo. Praticamente non lo conosco, né come uomo, né come scrittore. E poi lo spirito di scuderia (due garzantini) nemmeno mi sfiora. Io sarò un brocco, ma un brocco brado”.

Pasolini da parte sua, nel 1973 (ben 10 anni dopo), su Il Tempo, scrisse una stroncatura dell’opera di Fenoglio: stroncatura pedante, noiosissima, che non capisce nulla della “partigianeria” di Fenoglio e tradisce un fastidio personale che non fa onore al brillante e gustoso polemista che Pasolini era. Come un maestrino inizia dicendo che la pagina di Fenoglio è “difficilissima, quasi incomprensibile”, passa poi all’analisi grammaticale,  sostiene che “(almeno secondo il ‘Sig. Pasolini’)”, la scrittura di Fenoglio è di “una povertà così estrema da cadere nel ridicolo e nel delirio, nel raptus e nell’annichilimento espressionistico” e finisce col prendersela anche con l’altro celebre albese, Roberto Longhi (lo storico dell’arte fondamentale nella formazione di Pasolini), che stimava il conterraneo Fenglio, definendolo per questo “tetro, diseredato, rigoroso stilista settentrionale, che non vuole osare nulla all’infuori dei segni della cerchia, affascinato dalla loro mitica miseria”.

Per tornare alle mamme permanentate, sicuramente una sembra pensare “che stupidaggini!”, l’altra “difenderò mio figlio da ogni cattivo che potrebbe fargli del male” mentre dagli Stati Uniti la terza mamma aggiunge: “cosa mi tocca sopportare”… O almeno così pensiamo vedendo queste foto.