Essere una delle pochissime donne nel mondo del tech di alto livello, alla vigilia della rivoluzione tecnologica e dell’avvento dell’AI, è uno dei fenomeni più interessanti e forse sommersi dei giorni nostri. Anche se sono stati fatti passi da gigante nell’inclusione sociale delle competenze senza discriminazione di genere, il paesaggio che ci racconta Fei-Fei Li, eminente professoressa dell’università di Stanford conosciuta nella comunità scientifica come la “madrina dell’AI” è quello di una rete di connessioni e di studi tanto innovativi quanto limitati. Nel libro, originariamente pubblicato negli Stati Uniti nel 2023, si parte da lontano attraverso i ricordi personali e la capacità di vedere gli stessi in prospettiva, con lucido distacco. Allora si entra nel percorso che la studiosa ha compiuto per essere accettata dal suo stesso ambiente per approdare alle sottili astrazioni degli scenari che ci attendono.
Se da una parte Fei-Fei Li è sempre stata pioniera e geniale ideatrice di progetti e di supporti tecnologici, ne ha sempre compresi i limiti e le possibili implicazioni etiche. I limiti prima di tutto di applicazione e di diffusione a un livello accettabile di utilizzo consapevole e utile – “utile” affinché la tecnologia si sviluppi diventando un aiuto per l’evoluzione del mondo. Ed è qui che mondo diviene mondi: solo attraverso l’interazione con altri studiosi, con altri criteri, con altre visioni a margine, ciò che viene immaginato diviene poi realtà rappresentata o tangibile. Tutto questo, l’autrice racconta, non sarebbe stato possibile se lei non fosse stata catapultata da un mondo Kuomintang agli Stati Uniti, un salto da un mondo privo di qualsiasi diritto a uno nuovo sul quale scommettere, investire e crescere. Anche qui due mondi che si guardano in faccia, che si annusano e poi convivono nella stessa persona che è tanto consapevole delle sue origini quanto del chi vuole essere, cosa diventare.
Questo suo primo libro si dipana intrecciando e intessendo vita privata, riflessioni, sull’essere donna uomo umano e interazioni con le macchine e l’AI, con gli incontri le scoperte, le frustrazioni e le nuove consapevolezze che ciascun passo comporta. Ne è un esempio, a mio avviso forte e concreto, il fatto che Fei-Fei Li ci racconti del primissimo studio nel quale viene evidenziato come l’AI sia nata e sviluppata avendo come target l’uomo maschio bianco e che tale studio (con relativo articolo) sia arrivato molto tardi rispetto alla nascita e all’uso della tecnologia: molto più impegno nello sviluppo che nell’inclusione. E diviene importante il concetto di “straniero”, in quel margine in cui si possono esplorare idee «da stranieri in terre straniere, allo stesso tempo insider e outsider» avendo ben presente che «siamo liberi di mettere in discussione lo status quo».
Ovviamente nel percorso di riflessione sugli utilizzi e su ciò che viene generato dall’AI, Fei-Fei Li ci riporta al focus centrale di ciò che tutti, sviluppatori, tecnici e studiosi – ma anche semplici utilizzatori – dovrebbero avere ben presente: che cosa ci motiva quando creiamo? Se teniamo fisso davanti a noi questa domanda, tutta la polemica su “AI sì, AI no”, utilizzo in arte o sostituzione dell’apporto umano, divengono chiacchiere da bar. La potenza delle pagine di questo libro sta proprio nel ridarci la dimensione umana delle nuovissime tecnologie e a spiegare come dietro a ciò che consideriamo freddo e impersonale si possano costruire invece mondi capaci di essere l’esatto opposto.