Massimiliano Governi, Il superstite, Edizioni E/O, pp. 132, € 14,00 stampa
recensisce VALENTINA MARCOLI
Superstite dal latino superstes, ossia stare sopra. Ecco chi è il protagonista di questo breve ma intenso romanzo dalla struttura scheletrica ed essenziale. Il suo nome non viene mai pronunciato, ed è lui che racconta in prima persona il suo bagaglio di emozioni di fronte ai fatti accaduti. Con la figlioletta di due anni in spalla arriva alla casa accanto dove abitano i suoi genitori, suo fratello e sua sorella, ma ciò che trova ad accoglierlo non è lo scenario che si sarebbe aspettato. Un massacro, uno scempio che riporta subito alla memoria i fatti descritti in A sangue freddo di Truman Capote, libro più volte citato. Questa cittadina del nord Italia volutamente non ben precisata però, potrebbe essere qualunque posto in cui regnano la violenza e la ferocia, e il giornalista che affianca l’uomo da quel momento in poi, lo sa bene.
I colpevoli, due nomadi slavi, verranno poi scovati e acciuffati, ma tra zio e nipote, il più vecchio verrà processato e condannato mentre il più giovane si suiciderà. Al processo che si svolge in Serbia, l’uomo verrà accompagnato dal giornalista che sta scrivendo un libro sulla sua vita e che lo accompagnerà successivamente anche sulla tomba dell’assassino, visita avvenuta anni dopo. È il desiderio di vendetta che dal momento del ritrovamento dei corpi permea le pagine, pervade tutti i pensieri dell’uomo e riempie le sue giornate diventando quasi un’ossessione. È la benzina che lo estrania dal dolore, dalla malattia e dalla lontananza della moglie e di sua figlia che si trasferiranno poi in America.
Il pensiero costante che si cela tra le righe del romanzo attanaglia il superstite fin da subito, ed è una riflessione che lui stesso scorge tra gli appunti del giornalista: “Quell’uomo aggredito e invaso dalla cancellazione della sua famiglia. Ero io eppure non lo ero. Tutto sembrava vero e falso allo stesso tempo. Ma forse è così che si scrivono i libri. Forse è così che accade la realtà.” Una persona che assiste impotente allo sterminio dei propri cari dunque, come può provare di essere mai nato?
Pagine che bruciano di una verità sconcertante, una scrittura tesa, forte, e una visione lucida della follia di un estraneo che ha deciso per te. Con un finale vagamente dolce che riporta un po’ di pace e speranza nel cuore, se non altro del lettore.