L’oro puro del titolo dell’ultimo romanzo di Fabio Genovesi è quell’oro che è il sogno della vita di ogni persona e per ognuno è diverso: chi cerca la ricchezza, chi il potere, chi il successo, chi la supremazia sugli altri, chi un lavoro decoroso e adeguato, chi la salute, chi gli affetti. L’oro può, quindi, non essere una cosa materiale. Ma chi possiede il metallo prezioso, fin dai tempi antichi, poteva ostentare la propria ricchezza e avere uno smisurato potere. È per questo che un regno come quello di Spagna, esteso e potente, finanzia la missione di Cristoforo Colombo verso la scoperta di una nuova via che porti all’Asia. Dai racconti di Marco Polo, che l’ha visitata duecento anni prima del 1492, le case sono d’oro e le strade lastricate di diamanti. Il Gran Khan, signore di questa terra favolosa, è il sovrano più potente della terra.
Ed è per questo che Cristoforo Colombo parte da Palos con tre caravelle, arruolando come marinai uomini che altrimenti sarebbero stati giustiziati in patria considerando che era opinione comune che il viaggio si sarebbe concluso con la morte di tutti gli imbarcati. Sfidare il mare aperto sconosciuto, senza la certezza di un approdo, non è un viaggio che si affronta con leggerezza. In quel periodo in Spagna gli ebrei erano perseguitati, costretti a convertirsi al cattolicesimo pena l’esilio o, peggio, la morte. Ed è per questo che fortuitamente Nuno, un ragazzo di sedici anni, si trova imbarcato sulla Santa Maria: per sfuggire a una sorte altrimenti segnata. Non che fosse un ebreo credente e osservante: nato da una ex prostituta chiamata la “gallega”, la puttana, e dalla zia Blanca, a cui nasconde di volersi imbarcare, che fa lo stesso mestiere della sorella nel piccolo paese della costa spagnola, il ragazzo rifiuta la conversione perché la madre, scomparsa poco tempo prima, era morta da ebrea.
Nonostante il ceto sociale Nuno sa leggere e scrivere, doni che gli sono stati trasmessi dalla madre, che a sua volta li aveva imparati da un vecchio portoghese. Per ringraziarlo, la madre aveva chiamato il figlio come il vecchio: Nuno. Preso in giro dall’equipaggio perché non aveva mai solcato il mare – era il bersaglio preferito dei loro scherzi –, l’adolescente preferiva osservarlo dalla riva fantasticando su cosa avrebbe potuto trovare, ne diventa presto la mascotte. Quando Colombo, impedito a una scrittura leggibile da un infortunio alla mano, scopre che il ragazzo sa leggere e scrivere, lo prende con sé per stilare il diario di viaggio: proprio dagli occhi di questo adolescente seguiremo la grande avventura della scoperta, uno degli eventi che più hanno cambiato il destino del mondo. Tra tempeste e uragani, dubbi e illusioni alla fine sbarcano sulla prima isola che incontrano. Non è l’Asia, anche se nessuno lo sa ancora, e per trovare l’oro devono esplorare parecchie isole.
Gli indigeni del posto li accolgono come dèi e donano loro cibi e frutti esotici, semplici manufatti creati ricevendo in cambio palline colorate e catenine. Tutti hanno dei ciondoli o delle decorazioni d’oro a cui sembrano attribuire meno importanza dei regali che ricevono. Quando Nuno scopre che le intenzioni dei regnanti di Spagna oltre alla ricerca dell’oro è quella di sfruttare gli indigeni come schiavi – mansueti e ingenui, li descrive Colombo –, di convertirli al cattolicesimo e di cambiare radicalmente i loro usi e costumi – gli indigeni sono per lo più nudi –, è sconcertato e deluso: perché sottomettere un popolo felice, che vive in una terra che sembra il paradiso terrestre, così ospitali e gentili? E in una delle isole Nuno trova anche l’amore: il ragazzo che non si era mai innamorato capisce con uno sguardo cos’è l’amore, e gli occhi gli si riempiono di oro. Puro.
Le vicissitudini che vivrà con Lei e la ciurma delle caravelle, che resteranno solo due, saranno tragiche e intense, e fino a che non sarà rientrato a Palos dopo un viaggio altrettanto tremendo e avventuroso non sarà certo di poter rivedere la sua amata. Non c’è posto per tutti nel viaggio di ritorno dopo che la Nina si è inabissata, e se alcuni decidono di rimanere per accaparrarsi più oro possibile altri si fermano perché hanno trovato un posto dove vivere i loro momenti più belli. Genovesi riesce in una difficile impresa: raccontare un viaggio epocale ed epico visto dagli occhi di un adolescente che scopre la crudeltà degli uomini avendo come unico scopo il raggiungimento della ricchezza. Calpestando intere popolazioni per potere, gloria e soddisfazione di bassi istinti. Con stile impareggiabile e cristallino, e un uso delle parole rigoroso, Genovesi ha scritto un romanzo che all’avventura unisce la denuncia di azioni deprecabili che si sono trasmesse nel tempo. Fino ai giorni nostri.