Ezio Sinigaglia / Il sesso e l’Occidente

Ezio Sinigaglia, Grave disordine con delitto e fuga, TerraRossa Edizioni, pp. 105, euro 14,00 stampa, euro 7,50 epub

Scriveva Wilhelm Reich nel 1931: “la repressione sessuale è alla base della società capitalistica” (La Lotta Sessuale). Senza la repressione della sessualità la borghesia non sarebbe riuscita a conquistare il potere economico e successivamente politico che è riuscita ad ottenere, almeno a partire dal Diciassettesimo secolo. Questa argomentazione riguardante l’ascesa della borghesia capitalista che si è potuta realizzare grazie a una spietata astinenza sessuale la ritroviamo in diversi studi storici. Si tratta di un’astinenza in genere non dovuta a particolari convinzioni religiose, ma dalla necessità di incanalare tutte le proprie energie in una determinata direzione, finalizzarle all’accumulo incontrollato di una sempre maggiore quantità di denaro e quindi di potere. Nel processo plurisecolare di affermazione della borghesia sì è arrivati però a un punto in cui l’accumulo delle ricchezze, il potere finanziario, ha fatto insorgere nei rappresentanti di ultima generazione di questa grande borghesia capitalistica, la vanità di poter possedere tutto, la convinzione che tutto si possa comprare. A questo punto il denaro era diventato la leva di un potere che non conosceva più limiti, denaro il cui possessore si sentiva e si sente svincolato da qualsiasi obbligo morale, stimolato a soddisfare i suoi desideri in ogni modo, senza alcun freno.

Da questa involuzione dell’etica protestante, che secondo Max Weber era alla base dello spirito del capitalismo (L’Etica Protestante e lo Spirito del Capitalismo, 1905), si è arrivati alla situazione odierna, in cui gli esponenti del capitalismo e della finanza internazionale, pur di soddisfare i loro desideri, soprattutto sessuali, sono disposti a pagare qualsiasi cifra. Ecco allora i capitani d’industria che coltivano i loro vizi, beccati da improvvise retate della polizia a contrattare prestazioni sessuali con trans e “banali” prostitute; ecco i grandi capitani d’industria che oltre ai transessuali ingaggiano i più improbabili reclutatori pur di ottenere ragazzine minorenni per soddisfare le loro voglie incontenibili. Non parliamo poi dei politici, trasformati in mostri anaffettivi dalla loro prassi politica quotidiana, che li porta ad assumere un atteggiamento di falsità viscerale, un’esistenza inautentica che spesso trova in queste pratiche sessuali clandestine l’unica valvola di sfogo. È una Storia del capitalismo ancora tutta da scrivere, la storia del sesso sotto il capitalismo, la storia della sessualità sotto il capitalismo, una sessualità in cui il partner sessuale, uomo o donna che sia, diventa un semplice oggetto del desiderio, un oggetto da sottoporre alle proprie pratiche, a volte innominabili.

Da questo desiderio, latente o palese, della borghesia, nasce la novella Grave disordine con delitto e fuga, di Ezio Sinigaglia, che TerraRossa pubblica adesso per la prima volta, pur essendo stata scritta negli anni Novanta. Nel libro si racconta l’irrompere del desiderio sessuale nella tranquilla vita dell’ingegnere De Rossi, a capo di una piccola azienda tipica del tessuto economico italiano, anzi – nello specifico – milanese, la Termolux. La tranquilla vita aziendale, che scorre uguale ogni giorno nella sua routine, viene sconvolta dall’apparizione di un giovane affascinante, il nuovo fattorino dell’azienda, un giovane dall’altisonante nome di Michelangelo – ma che tutti chiamano Jimmy. Di questo giovane, di bellezza sconvolgente, l’ingegnare si invaghisce. La trasformazione che subisce De Rossi, a differenza di quella del protagonista di Petrolio (1992) di Pier Paolo Pasolini, Carlo di Polis, è solo momentanea, pur se definita grave nel titolo stesso della novella, in quanto l’apparizione del giovane affascinante provoca nell’uomo un turbamento che, dapprima lieve, diviene grave nel momento in cui rischia di turbare il perfetto ingranaggio, alla fine del XX secolo, dell’accumulazione di capitale. Questo grave disordine, che minaccia la tranquilla vita dell’ingegnere e della sua tipica “fabbrichetta” lombarda, si risolverà in qualche modo – non senza passare per un delitto e una fuga che sorprenderanno il lettore – e alla fine tutto tornerà alla “normalità” con la soluzione più indolore e in grado di ristabilire l’equilibrio preesistente.

La storia è raccontata con una grande sottigliezza di analisi psicologica e in un linguaggio estremamente preciso e per così dire “avvolgente”, che cattura il lettore nelle sue spire come un boa constrictor, o un anaconda gigante, che si avvolge lentamente intorno alla sua vittima fino a quando, prima della stretta finale, arriva a guardarla fisso negli occhi, quei due occhi come due olive nere, scurissimi, di Jimmy, sprofondando nei quali lo smarrimento dell’ingegnere raggiunge il suo apice.

Romanzo o novella erotica? Sarebbe un’esagerazione. Forse Grave disordine è soltanto una novella sulla sessualità borghese nell’epoca del tardo capitalismo. Forse più che di fronte a una denuncia dell’ipocrisia della nostra classe imprenditoriale, ci troviamo di fronte a dei puri e semplici esercizi di stile: uno stile che riesce a regolare la temperatura erotica della storia come una delle efficientissime caldaie della Termolux. Eppure a volte un linguaggio elaborato e apparentemente freddo, che sviscera l’atto sessuale nelle sue singole componenti, eccita di più di un linguaggio pieno di espressioni forti.

È particolare il linguaggio di Sinigaglia in questa sua novella; ricorda un po’ le descrizioni apparentemente raggelate con cui i personaggi di Gore Vidal conquistano l’intimità dei loro oggetti del desiderio (Myra Breckinridge, 1968), anch’essi guarda caso “bronzei” come il giovane affascinante descritto da Sinigaglia.

Il massimo della passione coincide con il massimo della nitidezza e cura del linguaggio, che cerca di incasellare nella vita estremamente ordinata dell’Ingegnere anche questo breve episodio di disordine. Può sembrare incongruo il paragone, ma questo stile ricorda lo stile di certe liriche dei Preraffaeliti, in cui è presente la stessa sensualità calda che viene subito raggelata nell’espressione artistica. Lo stesso effetto che fa una fredda pistola o la sbarra di una prigione appoggiata al seno caldo di una delle tante protagoniste dei film western o dei romanzi noir. “A thing of beauty is a joy forever” scriveva John Keats in Endymion (1818). Gli rispose un secolo dopo il perfido Carl Van Vechten: “A thing of beauty is a boy forever” (in The Blind Bow-Boy, 1923). L’unica differenza con l’ingegnere De Rossi è il suo grandissimo self-control. La sessualità sotto il tardo capitalismo.