Esordio di un classico

William Faulkner, New Orleans Sketches, tr. Cesare Salmaggi, Il Saggiatore, pp. 92, €14,00

Sulla qualità della scrittura di William Faulkner c’è poco da discutere: la sua figura svetta tra i grandi della letteratura modernista americana, e non solo. Proprio per questo, è interessante leggere (o rileggersi) questa riedizione dei New Orleans Sketches a opera de Il Saggiatore, contenente alcune delle prime prove in prosa che il giovane scrittore, all’epoca residente nel vibrante quartiere francese di New Orleans, vendeva al Times-Picayune e al Double Dealer per una manciata di dollari, con tutta probabilità prontamente reinvestiti in bourbon e tabacco da pipa in accordo con la perenne atmosfera bohémien della città che il giovane Faulkner viveva appieno.

Nume tutelare di questa raccolta è Sherwood Anderson, altro maestro modernista che fu influenza cruciale nei primi anni di attività del futuro Nobel. Un libriccino snello ma fondamentale per vari motivi. Innanzitutto, l’appassionato faulkneriano (come chi scrive) troverà nei sei racconti molti dei temi e dei motivi che lo scrittore di Oxford (quella nel Mississippi, non quella inglese!) svilupperà appieno e in maniera magistrale nei capolavori successivi, da L’urlo e il furore a Mentre morivo.

Poi, gli Sketches sono un’ottima introduzione alla narrativa di Faulkner, qui non ancora complessa e involuta come nelle opere più mature. Ne “Il regno di Dio”, un Benjy Compson prototipico fa saltare un colpo maldestro disperandosi per il suo giglio spezzato, in “Yo Ho e due bottiglie di Rum” le avventure farsesche di una nave di ubriaconi prendono un’inaspettata svolta macabra quando l’equipaggio è costretto a dare sepoltura al corpo di uno dei marinai sotto il sole spietato dei Caraibi – un funerale picaresco e straziante che toccherà in sorte anche a Addie Bundren. L’ironia spesso cinica e l’umanità per cui Faulkner diverrà famoso sono già presenti negli Sketches, rendendo anche il meno riuscito di questi una lettura comunque coinvolgente e a volte toccante.

La sofisticazione dello stile dell’autore è intuibile nel mescolamento di voci narranti e piani temporali, utilizzati qui come su di un banco di lavoro, testandone importanza, effetti e significato nella costruzione dell’intreccio. A onor del vero, alcuni dei racconti soffrono qui e là dell’ingenuità e della poca dimestichezza che Faulkner probabilmente possedeva all’epoca, ma lo scopo editoriale (l’edizione domenicale di un quotidiano di larga diffusione) ne giustifica la semplicità o l’apparente inconcludenza.

E poi bisognerebbe forse concedere ai New Orleans Sketches il lusso di una nuova veste traduttiva, perché il lavoro di Salmaggi, per quanto dignitoso, suona a volte datato e soffre in alcuni punti di una legnosità sconosciuta alla floridezza dello stile originale. In linea generale, però, nulla è tolto al piacere quasi voyeuristico di poter sbirciare i primi passi di uno scrittore immenso; per di più compiuti nell’abbraccio di una città come New Orleans, che, con la sua anima imprevedibile – macabra e follemente vitale allo stesso tempo – è stata e sarà sempre fonte d’ispirazione inesauribile per le lettere americane.

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