“Al di sotto di un certo reddito, un caso giudiziario è sempre un fatto di cronaca. Perché ci sia scandalo, è necessario un Minimo Dividendo Garantito”, scriveva Roland Barthes in Miti d’oggi, celebre saggio apparso nel 1959, ovvero un anno dopo il fortunato romanzo di Erich Kuby ora riproposto da Meltemi. Al centro del romanzo è un omicidio irrisolto che scosse l’opinione pubblica tedesca e occupò ampio spazio nella stampa scandalistica: il primo Novembre 1957 la ventiquattrenne Rosemarie Nitribitt, prostituta d’alto bordo, venne ritrovata uccisa nel suo appartamento di Francoforte sul Meno. L’agenda in cui Rosemarie registrava i nomi dei clienti rivelò alla polizia un giro di frequentazioni ad alto livello che coinvolgeva industriali potenti, direttori di banca e rampolli di famiglie influenti. Le indagini non condussero alla risoluzione del caso e furono anzi, a detta di diversi opinionisti, volutamente insabbiate: è questa la tesi dello stesso Erich Kuby (Baden-Baden 1910-Venezia 2005), giornalista e commentatore politico che intervenne prontamente sul caso con un corsivo sulla Süddeutsche Zeitung e che in pochi mesi scrisse la sceneggiatura del film La ragazza Rosemarie (regia di Rolf Thiele), cui seguì il bestseller Rosemarie, des deutschen Wunders liebstes Kind, subito pubblicato da Einaudi nel 1959 nella traduzione, ora riproposta, di Luca Lamberti (pseudonimo dell’autorevole redattore einaudiano Daniele Ponchiroli).
Kuby ricostruisce in maniera romanzata gli ultimi mesi di vita di Rosemarie, che egli immagina irretita in un intreccio economico-politico che vede coinvolti una setta di industriali intenti a progettare la fabbricazione di razzi e il futuro riarmo nucleare del Paese. Come chiarisce l’ironico sottotitolo – “la figlia prediletta del miracolo tedesco” – Kuby innalza la figura di Rosemarie a personaggio simbolico del miracolo economico tedesco, di cui ella incarna i tratti oscuri: l’immoralità, l’avidità e il vacuo materialismo. La stessa vertiginosa ascesa sociale della donna – da figlia illegittima cresciuta in un ambiente poverissimo a escort di lusso – sembra simboleggiare la repentina metamorfosi della Germania, paga del proprio improvviso benessere economico e presto dimentica del passato nazionalsocialista. Come osserva giustamente Jürgen Pelzer nella postfazione, Kuby mira dunque a esaminare con il presente libro “la sintomatologia sociale del caso Nitribitt”.
La denuncia del degrado morale e della corruzione politica connotano ampi strati del giornalismo tedesco d’inchiesta dei tardi anni Cinquanta e sono pure rinvenibili nel saggio del 1960 di Hans Magnus Enzensberger sull’omicidio di Wilma Montesi, un caso irrisolto nel quale, come per Rosemarie, emerse il torbido connubio tra sesso e potere, tra politica e crimine.
Il tono di Kuby, tuttavia, non è né didattico né moralistico, ma indulge piuttosto alla ironia brillante e, talora, alla deformazione caricaturale: con una prosa svelta, fitta di dialoghi, e con uno stile privo di velleità letterarie, Kuby introduce il lettore nell’ambiente altolocato e corrotto frequentato da Rosemarie. Il romanzo si apre proprio con la descrizione dell’incontro nel Palasthotel di Francoforte di un gruppo di industriali che in piena guerra fredda tramano per il riarmo nucleare del Paese con l’appoggio segreto del governo, rappresentato dall’astuto direttore ministeriale Hoff. L’etichetta di copertura sotto cui si raccoglie il consesso di capitani di industria, ovvero il “Cartello delle Stuoie isolanti”, così come i suoi membri, sono un’invenzione di Kuby, il quale tuttavia si riaggancia all’aspro dibattito conclusosi nel marzo del 1958 con l’approvazione nel Bundestag della risoluzione di dotare le forze armate federali di testate nucleari. Inascoltato restò il Manifesto di Gottinga, accorato appello di diciotto illustri scienziati affinché il governo della Germania federale rinunciasse alle armi atomiche (12 aprile 1957).
Rosemarie, che finisce per annoverare tra i suoi clienti pressoché tutti gli industriali del “Cartello delle Stuoie isolanti”, si ritrova quindi coinvolta nei tentativi di spionaggio e intercettazione messi in atto dai membri del “Cartello” per sventare e scoprire le mire e le trame dei concorrenti. Gelosie e diffidenze reciproche intorbidano, infatti, i rapporti tra i diversi membri: alla fine, un solo personaggio della cerchia, il magnate Konrad Hartog, che è peraltro il primo degli amanti di Rosemarie, si aggiudica l’appalto governativo.
Rosemarie, svelta e spregiudicata, diviene abile imprenditrice di sé stessa ma perde il controllo sulla propria impresa quando acconsente a fare intercettare le sue conversazioni con alcuni clienti, in particolare quelli stranieri; il coinvolgimento finale del BND, ovvero dei servizi segreti della Bundesrepublik, complicherà ulteriormente le cose. Kuby non indica il possibile assassino, ma si limita a far capire al lettore quanti fossero coloro che avevano interesse a eliminare Rosemarie.
Al di là della trama ingarbugliata, i cui fili vengono però abilmente tessuti da Kuby, l’interesse del romanzo è prettamente sociologico: la descrizione dei diversi appartamenti di Rosemarie, lussuosi e pacchiani, nonché l’onnipresente Mercedes nera 190 SL – vera protagonista del romanzo – indicano con evidente plasticità la “rivoluzione antropologica” avviata dal miracolo economico. Kuby, analogamente ad altri intellettuali dell’epoca come il citato Enzensberger, addita però il degrado morale che si cela sotto questa vernice brillante: in tal senso, la coltre di schiuma sotto cui Rosemarie e Hartog sprofondano nella vasca da bagno, è metafora di un’effervescenza fugace e ingannevole.