L’ultimo libro di Enzo Fileno Carabba è dedicato a un personaggio leggendario, Giovanni Succi, il più grande digiunatore di tutti i tempi. Si tratta di uno studio storico al quale è stata sottratta la gravità, per farlo levitare in un mondo luminoso, dove le più stravaganti dissonanze della vicenda suonano composte con leggerezza, comicità, conoscenza dell’anima e delle sue derive. Una delicata saggezza s’incunea tra le pagine e le rende piacevolissime.
Troviamo un registro simile anche nel libro precedente, Vite sognate del Vasari (Bompiani, 2021). Più che riscrivere o interpretare, Carabba fa il regista di teatro. Si trasferisce in quell’epoca e con “un’immersione irreversibile”, ci vive dentro. Col suo stile umoristicamente sorprendente, annota quel che di solito viene scartato, o non visto, o non capito, e svela con la finezza del postero i misteri del presente.
Si narra di una vita all’insegna di viaggi lontani, identità multiple, incontri con uomini illustri, stregoni, spiritisti, matti, donne trasformiste. Una vita miracolosa. Anche Kafka aveva conosciuto Giovanni Succi, scrivendo poi una novella intitolata L’artista del digiuno. Con un ritmo di perfetta asincronia si alternano ondate di travolgenti accadimenti a momenti di riposo, che suonano come fiabeschi ritornelli: le sentenze della nonna sempre opposte a quelle dello stregone, il saccente spirito indomito del leone, la siepe dell’Infinito di Leopardi, l’elisir protettivo, tanto enunciato e forse era una balla.
Succi è nato nella riviera romagnola, vicino alla nonna di Carabba, ed è morto a Scandicci, sulla collina di casa Carabba. Questo fa il conto di una corrispondenza tra i due, iniziata anni fa. “Ovunque andassi Giovanni Succi si manifestava prendendo la forma di qualche dettaglio ammaliante. Quell’uomo incredibile mi aveva circondato”. Da bambino, Giovanni era affascinato dalle carovane che “uscivano dal Paradiso terrestre e puntavano dritto verso il paese”. Osservava i personaggi dei circhi come fossero divinità. Il tipo che ingoiava lucertole e le risputava vive, l’uomo-cavallo senza milza che correva per ore, quello magrissimo che si stendeva a terra e invitava le persone a camminargli sopra. Come un moderno Till Eulenspiegel si addestrava da solo, per diventare il migliore. Un giorno urlò “Basta!”. Basta alla quantità di cibo che la famiglia gli offriva senza sosta. Quale libertà può scaturire dall’interruzione di una droga. Voleva domare il corpo. Questa tensione di ricerca dei limiti era incessante ed è stato il capolavoro della sua vita. Ma come farsi capire dal mondo?
Porsi in uno stato di assoluta emarginazione ed essere sul palco continuamente, sotto occhi che consumano e sorvegliano, è una vertigine. Come si può conciliare un temperamento generoso e affabile, col desiderio di astenersi dal respirare, bere, mangiare, e stare chiuso dentro una gabbia per settimane? Succi manifestava una forza fisica straordinaria, contraddiceva il buon senso e le regole mediche, passando da lunghissimi digiuni a grosse mangiate. Incontrò gli spiritisti, fissati con gli spiriti morti. Pensavano che i digiuni lo mettessero in comunicazione con i trapassati, ma Succi era uno spiritista vivissimo, e non ci fu intesa. Più volte fu internato in manicomio e anche lì riuscì a diventare un personaggio guida. Aveva una capacità di adattamento sbalorditiva. Ogni giorno scopriva sé stesso e subito voleva regalarsi al mondo. “Giovanni sembrava egoista perché parlava sempre di sé, e sbruffone perché sosteneva di poter fare qualsiasi cosa. Tuttavia: tutti avevano bisogno delle sue storie. Perché? C’è uno slancio vitale in questo tipo di uomini, talmente potente che un certo quantitativo di vitalità deborda da loro e nutre gli altri. Quindi in definitiva, che lo vogliano o no, danno al prossimo più di tante persone modeste”.
Il digiunatore, oggi, è un personaggio indispensabile. La religione del cibo, professata ossessivamente dagli chef-arcivescovi dell’umanità, è un programma di sedazione. Ti lavo il cervello intasandoti lo stomaco. Anche la professione dittatoriale della condivisione comunicativa, pare eccessiva. Le forze interiori sono, appunto, dentro. Succi le amministrava e le faceva crescere. Digiunando, si è salvato da sicura morte per avvelenamento, ed è andato molto oltre. I libri belli cambiano il mondo, facendo finta di essere solo libri.