Il male maschio è una storia d’amore senza amore. Il protagonista della storia è Andrea Occasi, anestesista quarantenne, che ha una relazione con Iaia. Il loro sembra un rapporto instradato sulla routine e in quest’abitudine consolidata rientra anche la propensione di Andrea al tradimento. A un certo punto, però, la ragazza lo scopre e lo lascia. Qualche tempo dopo la fine di questa relazione sentimentale, anche un altro rapporto affettivo di Andrea terminerà: improvvisamente, sua madre muore.
Queste due perdite sembrerebbero essere compensate dall’incontro con Yaya, donna di grande fascino e mistero, per cui Andrea perde immediatamente la testa e il cui nome, curiosamente, ricorda quello della ex fidanzata, ma altre assonanze tra le due donne non se ne trovano. Le relazioni personali sono complesse, richiedono tempo e attenzioni ma, mentre in ambito lavorativo, Andrea riesce a ottenere dei risultati soddisfacenti, in campo affettivo ne raccoglie ben pochi: anestesista di mestiere, pare avere anestetizzato anche la sua capacità di amare, trincerandosi dietro al sesso per mantenere l’identità di maschio. E infatti trascorre meno tempo a coltivare attenzione e tenerezza verso i rapporti sentimentali e umani in genere che non in pratiche sessuali, masturbazione inclusa, a un livello talmente eccessivo da alimentare il sospetto che si tratti di un modo poco impegnativo per provare una qualche emozione e riempire un vuoto che, vivendo i rapporti umani così in superficie, pare inevitabile.
Quando la fidanzata lo lascia, sostituendolo tra l’altro rapidamente con un altro uomo, Andrea cerca consolazione nella figura materna. Sua mamma è una donna, al contrario del figlio, che vive appieno i sentimenti; addirittura, nonostante i tradimenti del marito da cui è separata, è ancora innamorata di lui. Dopo anni in cui era stata chiamata semplicemente col nome di battesimo, Paola, sarà solo con l’accudimento del “malato d’amore” che si conquisterà il diritto di essere chiamata mamma da suo figlio. Andrea Occasi non è una persona per cui si può provare simpatia. Oltre a essere tendenzialmente anaffettivo, insicuro, infantile, diventa anche molesto non riuscendo a trattenersi dal seguire sui social la nuova relazione di Iaia e perseguitarla con telefonate non gradite e messaggi che resteranno senza risposta.
L’arrivo di Yaya sembra portare in Andrea un interesse sincero verso una donna, un sentimento che va oltre l’appagamento sessuale nonostante lei si dimostri da subito piuttosto intransigente nel controllare i suoi spostamenti e gli chieda di abbandonare ogni tipo di frequentazione femminile, sia nella vita reale sia nella “vita virtuale”. Può sembrare strano che Andrea subisca queste imposizioni senza reagire neppure quando la situazione precipita diventando violenta anche sul piano fisico, ma questa sopportazione sembra consentirgli di espiare, in qualche modo, quanto di negativo aveva portato nelle sue precedenti storie. Le relazioni, però, non sono un’equazione matematica per cui si può aggiungere da una parte quello che si è tolto dall’altra: le colpe, gli errori non si compensano in questo modo.
Una relazione impostata male dall’inizio difficilmente si concluderà con un lieto fine. Senza troppo spoilerare il finale di questa storia, tutto fa pensare che il male non sia né maschio né femmina. Sebbene le cronache dei femminicidi (non dimentichiamo che in Italia viene uccisa, in media, una donna ogni tre giorni) lascino propendere a pensare che il male sia tipicamente maschile, bisogna fare attenzione nel non cadere nella provocazione dello scrittore che rende vittima il maschio e carnefice la femmina, facendo il tifo per Yaya; si tratta comunque di un soggetto violento che limita la libertà altrui e non si può provare simpatia neanche per lei, anche se potrebbe facilmente incarnare la figura dell’“angelo vendicatore” prendendosi in carico un atteggiamento statisticamente “maschile” di violenza fisica e psicologica. Non si risponde alla violenza con violenza, ma un buon modo per provare ad arginarla potrebbe essere quello di cercare di combattere la cultura patriarcale tipica della nostra società che si nutre appunto di violenza, possesso e prevaricazione e i cui artigli ghermiscono tutti noi.