Riprendere uno scrittore letto e lasciato trenta anni fa, mese più o mese meno, è sicuramente un’esperienza stimolante e interessante dal punto di vista critico, per cui ho accettato immediatamente e volentieri la proposta di parlare dell’ultimo romanzo di Enrico Brizzi. Immagino che chi si appresti a leggere queste note conosca la storia di Jack Frusciante è uscito dal gruppo e del clamoroso successo che ebbe: pubblicato dalla piccola casa editrice Transeuropa di Canalini, all’epoca forse lo scopritore di talenti e l’editor più conosciuto in Italia, sembra che abbia venduto più di un milione di copie. Dopo Bastogne, il suo secondo romanzo, praticamente lo abbandonai, ma certo non per una questione di gusti. È stato semplicemente il mio percorso di letture a non incrociarlo, nonostante abbia sempre ricevuto impressioni più che positive sui suoi testi successivi da lettori di cui mi fido.
La primavera perfetta non delude. È un romanzo tradizionale, straordinario nella sua ordinarietà, perfettamente incastonato nel periodo storico in cui viviamo, e ci presenta un Brizzi chiaramente diverso dagli esordi: più maturo, più consapevole dei propri mezzi, si lancia in una trama lineare e semplice, ma mai scontata, per parlare con estrema nitidezza della nostra società e dei rapporti che la reggono o, meglio, che potrebbero farla crollare.
Luca Fanti, il protagonista, è un uomo che ha apparentemente tutto. A un certo punto però le cose cominciano ad andare male. Il suo matrimonio con la donna che ha sempre amato naufraga, sembra perdere il rapporto con i due amatissimi figli, attori involontari per una situazione a cui sono impreparati, il suo rapporto simbiotico con il fratello Olli, uno dei più forti ciclisti del mondo di cui è manager, sembra incrinarsi definitivamente e il suo lavoro non può che risentirne. La relazione sterile con i genitori, che hanno chiaramente un debole per Olli che è riuscito dove lui ha fallito, è una delle poche cose negative della sua vita.
A un tratto la solitudine, le difficoltà economiche, il risentimento di una moglie che si sente vittima e cerca in tutti i modi di vendicarsi, i problemi con il fratello, l’impossibilità di essere a fianco dei figli come vorrebbe, Luca si ritroverà in mezzo a una strada, forse più simile a un vicolo senza uscita, e nonostante sia in equilibrio precario come nella foto della copertina e rischierà molte volte di precipitare rovinosamente, ma troverà sempre la forza per reagire a una caduta inaspettata che a molti sarebbe risultata fatale.
E la sua determinazione, la sua voglia di risollevarsi, di redimersi sarà talmente forte che la fine di un amore non sarà la fine dell’Amore, che i malintesi e gli sbagli commessi verso il fratello potranno essere recuperati dato che il legame esistente era veramente forte, che le amicizie serviranno proprio nei momenti più duri della vita, che il rapporto con i figli potrà essere recuperato e si potranno vivere momenti felici che renderanno ancora una volta la vita serena.
Scrittura asciutta e omogenea, la trama si snoda sempre fluida e scorrevole. con uno stile solido che non conosce cedimenti e ci regala un romanzo contemporaneo che apre la vista in modo ampio e senza reticenze sui nostri tempi e sulle relazioni che li accompagnano. E che lascia al recensore la voglia di leggere cosa abbia scritto Brizzi nei trenta anni che gli mancano di uno degli autori fondamentali della narrativa italiana contemporanea.